CANNES 67 - Il cadeau di Sophia
Grande autoironia e succulenti aneddoti. Questi gli ingredienti serviti ieri da
Sophia Loren durante la sua masterclass, quasi 2 ore di incontro a tutto tondo con il pubblico del Festival. In un misto di francese, italiano e un pizzico di napoletano la diva si è detta felicissima di esser tornata a Cannes per presentare
"
La voce umana" il film diretto dal figlio
Edoardo Ponti, tratto dalla piece di Cocteau che ha sempre amato tanto. “Erano anni che volevo fare questo film e ringrazio Edoardo che con Angela mi ha regalato il ruolo di una vita” – ha esordito l’attrice. Poi spazio ai ricordi a cominciare dall’esordio in un ruolo da protagonista grazie a
Vittorio De Sica in "
L’oro di Napoli" per il ruolo della pizzaiola. “Parlammo a lungo in napoletano e lui mi offri’ questo personaggio che ironicamente si chiamava come me. Io incredula gli dissi: sei sicuro? Di solito mi scartano sempre perché sono troppo timida, ho il naso troppo lungo e la bocca troppo grande. E lui: tra tre giorni ti aspetto a Napoli che iniziamo le riprese. Con Vittorio era cosi’ ci bastava uno sguardo: io capivo cosa lui voleva da me e lui cosa poteva arrivare a chiedermi. Abbiamo lavorato insieme 20 anni, girato 14 film senza mai uno screzio”.
Anni dopo quel sodalizio nasce "
La Ciociara". Il film che consacra la Loren, ma che avrebbe dovuto essere interpretato da un’altra icona del cinema italiano. “Nel libro di Moravia la protagonista era molto più grande di me, mio marito Carlo e De Sica pensarono a lungo a come realizzarlo. Vittorio ando’ a parlare con
Anna Magnani, ma lei rifiutò e salutando Vittorio sulla porta di casa gli disse ‘perché non lo proponi a Sophia?’. Fu lei ad avere l’intuizione che serviva per fare un gran film. Ho vinto 21 premi per la Ciociara, Oscar incluso”.
Una vittoria cui la diva non è presente che le viene comunicata nel più cinematografico dei modi possibili. “Era notte e squilla il telefono.
Cary Grant mi grida nella cornetta Sophia! Hai vinto Sophia! Ho iniziato a saltare sul letto. In quel momento mi sentivo arrivata, ma la verità è che ho sempre avuto il complesso di quella che non ha studiato: ho fatto solo le elementari e men che meno frequentato corsi di recitazione. Mi butto nelle cose a capofitto, con grande forza e la sfacciataggine napoletana che mi fa dire ‘ma vai, buttati’”.
Quanto ai colleghi blasonatissimi con cui ha lavorato, Sophia non ha dubbi:
Cary Grant era una persona squisita,
Gregory Peck un gran professionista e
Charlton Heston era molto serio. Tra i contemporanei il preferito è
Daniel Day Lewis, a suo dire, in assoluto il più bravo attualmente in circolazione. “È solo per lui che ho accettato di girare Nine, un film che doveva ispirarsi a 8 e mezzo di Fellini, ma di Fellini non c’era proprio niente”.
Men che meno di
Marcello Mastroianni, l’attore con cui la Loren ha condiviso tanti titoli indimenticabili, incluso "
Una giornata particolare", per lei insieme a "
La Ciociara", i suoi film, più importanti. Ricordando Mastroianni, quest’anno omaggiato dal festival con la locandina ufficiale dell’edizione 67, l’attrice si commuove, ma rassicura la platea: vederlo ovunque sui muri di Cannes me lo fa sentire ancora più vicino. Finchè resterò qui, lui mi farà compagnia”.
Il titolo di collega più antipatico la Loren lo assegna senza riserve a
Marlon Brando con cui ha girato "
La contessa di Hong Kong" di
Charlie Chaplin. “Il primo giorno di riprese si presenta sul set con 45 minuti di ritardo. Chaplin è furioso, lo rimprovera minacciando di sostituirlo subito se intende comportarsi cosi’. Lui si scusa e nell’incredulità generale tira fuori la sua vera voce che è una vocina sottile, sottile tutt’altra cosa rispetto a quella che sfoderava sul set. Stava sulle sue e mangiava tutto il tempo, esclusivamente, gelati. Non stupisce che sia diventato così grosso alla fine. Era un grandissimo interprete, ma di certo non era un simpaticone”.
Da Cannes Valentina Neri22/05/2014, 17:04