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MI CHIAMO MAYA - Un Tweet Text di Formazione


Opera prima di Tommaso Agnese, scritta insieme a Massimo Bavastro, racconta la breve ma intensa fuga di due sorelle. Maya la più grande scoprirà cos'è la vita. Con Matilda Lutz, Valeria Solarino, Carlotta Natoli e Melissa Monti. Prodotto con il contributo del Mibact e di Rai Cinema, il film sarà in apertura al Riff 2015 e in sala dal 7 maggio


MI CHIAMO MAYA - Un Tweet Text di Formazione
Melissa Monti e Matilda Lutz in "Mi chiamo Maya"
Perché le figlie di Carlotta Natoli, attrice brava e simpatica, somigliano alle figlie di Monica Bellucci? Perché scegliere un'attrice bella come Valeria Solarino e imbruttirla al punto di farla passare per sfigata? Perché andarsi a cacciare nel vespaio delle discoteche quando, è noto, in Italia, tranne pochi, non siamo proprio dei maestri a girare scene lì dentro?
Sono molti i perché che vengono alla mente quando si guarda un film come "Mi chiamo Maya". E oltre ai perché, per gli amanti del documentario, torna alla mente il lavoro di Steve Della Casa e Maurizio Tedesco, "I Tarantiniani", dove un geniale regista della scuola artigiana italiana raccontava come si sceglieva un titolo ai suoi tempi, e quale risposta scaturiva alla lettura dello stesso.

Due ragazzine rimangono orfane quando la madre, punita forse da qualche divinità etrusca per aver cantato in macchina in un film, viene investita da un camion mentre è alla guida. Senza la figura paterna, Maya e Alice vengono affidate ai servizi sociali ma, scappate dalla tutt'altro che scaltra assistente sociale (Valeria Solarino) fuggono in una Roma senza nessuno dei proverbiali tempi di attesa. Tutto accade subito: conoscenze, amicizie, odii, amori, serate in discoteche di ogni tipo; dal coatto pomeridiano, alla festa annoiata alto borghese per finire all'infernale serata tra pasticche, vomito e punkettoni di terza categoria. I due, tre giorni di Maya, la più grande delle due sorelle, sembrano il concentrato di quindici anni di vita di una normale ragazza, con frequetazioni ed esperienze che durano lo spazio di un pomeriggio.

Maya incontra il peggio ed è lei unico esempio di moralità, scappando da ogni situazione che finisce per diventare spiacevole e fermando la sua fuga solo davanti alla bellezza di un cavallo.

"Mi chiamo Maya" di Tommaso Agnese è una raccolta di stereotipi sui giovani, raccontati da chi sembra proprio non aver vissuto in prima persona neanche una delle situazioni del film. Mancano solo quattro poveracci che sfasciano vetrine e danno fuoco alle auto, giusto per attualizzare, e il gioco sarebbe completo. Ovviamente raccontato dopo averlo solo visto in tv.

04/05/2015, 16:45

Stefano Amadio