CINEMA DU REEL 38 - "Il Solengo": la
narrazione orale tra Mito e Storia
Dopo aver partecipato alla competizione di numerosi festival internazionali, vincendo diversi premi importanti, “
Il Solengo” di
Matteo Zoppis e
Alessio Rigo de Righi è stato presentato a Parigi fra gli eventi speciali del
Cinéma du Réel.
“
Si racconta in Vejano la storia di Mario de Marcella”: questo l’incipit del film, girato nella piccola località di Pratolongo, in provincia di Viterbo, dove un gruppo di uomini anziani, dediti alla caccia, alla coltivazione, alla pastorizia e alla produzione di formaggi e insaccati, rievoca la figura di Mario, chiamato da tutti il “solengo”, uomo schivo e rude che abitava nei boschi presso il villaggio. Dalle testimonianze dirette e indirette di coloro che lo hanno conosciuto emerge il ritratto di una persona alienata e stravagante, che da giovane decise di abbandonare la comunità per condurre una vita solitaria in una grotta fra i boschi. Le ragioni profonde di questa sua scelta non sono chiare e molte sono le ipotesi che vengono avanzate. Dai vari aneddoti narrati sulla sua vita apprendiamo che il Solengo nacque in carcere, dove sua madre era stata rinchiusa in seguito all’uccisione del marito, che da tempo la tormentava. Passò così la sua infanzia in prigione, a fianco della madre Marcella, anch’essa descritta come una figura leggendaria dalla nomea di fattucchiera, capace di vedere il futuro e lanciare il malocchio, che coinvolgeva il figlio nei propri rituali, intimandolo a non fidarsi mai di nessuno.
Allo stile classico delle interviste frontali, si alternano le immagini contemplative del paesaggio. La lentezza dei movimenti di macchina e la staticità dello sguardo, permettono un’esplorazione meditativa di questo territorio selvaggio, dall’aspetto aspro e spoglio, come fosse specchio del carattere e dello spirito di coloro che vi risiedono. La camera ripercorre i luoghi impervi e inospitali dove il Solengo trascorse la sua vita, mostrandoci la capanna in cui riponeva i suoi attrezzi, la caverna dove dormiva e i sentieri che batteva.
Attraverso questi diversi elementi, il personaggio del Solengo si trasforma in una figura quasi mitologica. Le tante storie, le tante ricostruzioni, spesso indirette (“io mica c’ero là con lui” dichiara uno dei personaggi), rendono impraticabile la ricomposizione fedele e attendibile dei fatti, facendo sfumare gli episodi narrati in racconti epici. Il film così ci mostra come la memoria e la tradizione orale creino un meccanismo che tende a trasformare il Mito in Storia e la Storia in Mito. L’impossibilità di venire a conoscenza della verità su tali eventi viene pertanto suggellata dalla battuta finale del film, “non le saprai mai quelle cose”, chiudendo così in un cerchio perfetto il racconto.
24/03/2016, 16:00
Marco Cipollini