Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
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I CANTASTORIE - Ritorno nella Sicilia delle tradizioni


Il film di Gian Paolo Cugno racconta la crisi e la rinascita di un uomo che riscopre la vita tornando nella sua terra d'origine. Con David Coco, Tiziana Lodato e Maria Teresa Esposito, uscirà in sala il 10 novembre prossimo distribuito da "Project i Production"


I CANTASTORIE - Ritorno nella Sicilia delle tradizioni
David Coco in "I Cantastorie" di Gian Paolo Cugno
Un uomo in viaggio verso la sua terra d’origine, un paesino non ben identificato della Sicilia, accompagnato solo da due bagagli: uno alleggerito da una società scriteriata e una moglie tutta devota alle apparenze, e l’altro decisamente più pesante; una figlia che, con il suo incondizionato affetto, ha scelto di seguirlo.

All’interno di una struttura narrativa che vede quest’uomo e padre rialzarsi da vari fallimenti, si staglia in modo poco approfondito e caratterizzato l’antica arte dei “Cantastorie”, mestiere che prevede il canto e il racconto di leggende folkloristiche. Buona l’intenzione di ripresentare l’antico contrasto tra realtà rurale e urbana attraverso l’arte e le tradizioni del nostro paese, che viene però sviluppata in maniera piuttosto edulcorata e poco pungente sia nella direzione degli attori che nella scelta delle musiche. L'uso della macchina da presa sembra molto educato, privo di slanci e che tra le altre cose si mostra pigro nell’evidenziare il panorama che vi fa da sfondo.

Appare ben affrontato il tema del ritorno alle origini e di una rinascita spirituale, che si avvale e si avvalora della recitazione naturalistica di David Coco, che si dice "ben contento di interpretare il ruolo di un uomo che racconta i suoi tempi e che riassapora la propria terra".

Gian Paolo Cugno, spinto dalla necessità di proporre temi e tecniche delle vecchie pellicole neorealiste, realizza a suo dire “un film “polveroso”, fatto con discreti mezzi, dove l’incognita era sempre dietro l’angolo, ma che ha permesso di riassaporare quello che era il cinema puro”.

Un’idea molto delicata e all’apparenza anche vincente che come tante altre soffre dell’ormai moda dominante di un cinema che non osa più, e che di neorealista ha ben poco se non la scelta di alcuni “non-attori” del posto. Come recita il film: “Per fare il Cantastorie ci vuole talento, e quello te lo dà soltanto il buon Dio”. Buona la fotografia di Giancarlo Ferrando.

27/10/2016, 16:51

Giulia Bandini