ROMA FICTION FEST - Dieci sceneggiatori Dieci
Dieci sceneggiatori hanno incontrato il pubblico del Roma Fiction Fest per discutere sull’importanza della scrittura nelle serie televisione italiane. Peter Exacoustos, Laura Ippoliti, Michele Pellegrini, Barbara Petronio, Andrea Purgatori, Stefano Sardo, Maurizio Careddu, Fosca Gallesio, Pierpaolo Pirone e Amelia Pollinico i protagonisti.
Perché tutti i protagonisti delle serie hanno il pigiama coordinato e le case bellissime?
Perché nelle serie televisive i personaggi fanno l’amore solo da ubriachi?
E soprattutto perché queste domande a farle non è lo spettatore, ma gli stessi sceneggiatori in occasione dell’incontro?
Il mercato cambia e costringe vecchi sistemi broadcasting ad essere ripensati in un’ottica attuale e innovativa. Sky come ha fatto il canale HBO, ha costretto i canali generalisti ad iniziare un esame di coscienza. Esame di coscienza che è stato ulteriormente destabilizzato dall’arrivo di NETFLIX, che ha ridisegnato il mercato della distribuzione televisiva.
Queste le premesse dell’incontro di 10 sceneggiatori che hanno espresso la propria opinione sulle serie televisive in vista dei 10 anni del Roma Fiction Fest. Ad aprire la kermesse, Andrea Purgatori (Fortapasc, Il giudice ragazzino) che descrive in modo chiaro la situazione “Deve essere ridata la libertà creativa agli autori affinché si sentano protagonisti delle storie che scrivono. È importante che sceneggiatori e produttori collaborino tra loro”.
Laura Ippoliti (Il capitano, Un caso di coscienza) è più ottimista “Dopo anni di chiusura percepiamo che la valanga di creatività è arrivata anche da noi. Dall’estero c’è un’attenzione fortissima verso il nostro Paese, però il punto debole è che si continua ad avere un atteggiamento poco coraggioso. I commissioners si mantengono sulla richiesta di un lavoro poco rassicurante, replicando serie già note. Noi invece dovremmo spiazzare lo spettatore”.
Maurizio Careddu (La squadra, Rocco Schiavone) “Noi autori non riusciamo a percepire i cambiamenti della realtà, si fanno modelli di città immaginarie. Infatti le serie che hanno avuto più successo in Italia sono quelle che non hanno seguito questi principi, ma hanno raccontato la realtà così com’è: 1992, Romanzo Criminale, Gomorra”.
Stefano Sardo (In Treatment, Il ragazzo invisibile), “1992 è nato da un’idea di Stefano Accorsi. Volevamo fare una serie alla Mad Men, non alla Meglio Gioventù e così abbiamo inventato un nuovo concept, che non esisteva prima. Nella mia esperienza non mi è stato mai chiesto di portare un’idea originale per la serie o per il film. Per molto tempo l’originalità è stata un problema, viene percepita come qualcosa di scomodo. Io vorrei che smettessimo di raccontare la realtà, ma iniziassimo a raccontare gli incubi, perché raccontando la realtà siamo finiti col fare serie uguali tra loro”.
Mancanza di libertà e di coraggio è quello che traspare dagli umori degli sceneggiatori nei confronti di un sistema produttivo e istituzionale rigido. Per fortuna però dei progressi sono stati fatti con Rocco Schiavone per la RAI o The Young Pope per SKY. La speranza per Pierpaolo Pirone (I Cesaroni) è proprio quella che un domani venga affidata agli autori, la stessa libertà e autorevolezza che è stata affidata a un premio Oscar come Sorrentino per The Young Pope. Con l’ulteriore speranza però che gli sceneggiatori del domani siano in grado di prendersi anche i rischi di questa scelta.
11/12/2016, 10:16