CRISTIANA CAPOTONDI E ALESSIO BONI
Cristiana Capotondi interpreta la “figlia” del titolo, Maria Teresa, lei rappresenta il motore dei cambiamenti all’interno della sua famiglia. Come si è relazionata a questo personaggio?
“Penso di poter definire il mio personaggio come una piccola rivoluzionaria pacifica" dice Cristiana Capotondi "è all’interno della propria vita che determina il cambiamento sociale. Penso che sia un personaggio dotato di grande fantasia perché allora era veramente inconcepibile parlare di temi come realizzazione professionale e personale. Per una donna allora il percorso era obbligato, invece Maria Teresa obbliga gli altri a guardarla solo nella direzione in chi lei vuole andare che è quella di una donna totalmente moderna. Avevo l’impressione che le sue lotte fossero quelle di una donna del 2017 che si trova catapultata negli anni ’50 e ‘60, e deve in qualche modo riappropriarsi di ciò che ha perso. Mi sembrava un percorso di ritorno ad uno stato che è quello in cui uomini e donne hanno la stessa parità di diritti e sono entrambi proiettati in un percorso personale che ha come scopo la felicità. Sono veramente fiera di aver interpretato questo personaggio, non capita spesso che i tuoi personaggi siano di ispirazione. Per me è stata un'ispirazione costante il personaggio stesso. Prima mi chiedevano a quale donna avessi pensato per interpretarla. Certamente a Maria Teresa: era talmente carica di motivazione e forza che ha fatto tutto lei. Grazie di avermi immaginata in questa storia. Sono storie che ti lasciano come persona un afflato di futuro.”
Giovanni Franza è lo stereotipo del maschio italico, dominatore non solo della sua vita ma anche di tutti i componenti della sua famiglia. Sarà il vero sconfitto di questa storia o saprà trasformarsi anche lui?
Per l'interprete
Alessio Boni “Raramente leggo sceneggiature che mi commuovono. Devo ringraziare Giulia (Calenda), Francesca (Marciano) e Valia (Santella) e ovviamente Cristina (Comencini) per questa sceneggiatura. Io mi sono commosso proprio per il personaggio che ho interpretato. È stato definito disposta e tiranno, ma lui era solo un uomo degli anni ‘50 nell’Italia degli anni ’50. Era il mio bisnonno, probabilmente mio nonno, nei racconti di mia nonna Maddalena che mi diceva che doveva cucinare con le sorelle e la madre per i maschi che stavano in salotto e poi loro mangiavano in cucina. Una ragazza di vent’anni di oggi non può neanche avvertire una cosa del genere, io l’ho appena appena sentito raccontato da mio padre, ma negli anni ’50 era la norma il patriarcato. Non è il Franza ad impiegare anni a capire che le cose sono cambiate e passare il testimone a Maria Teresa, ma l'Italia che impiega trenta e più anni a capire ed accettare le lotte delle donne per i loro diritti.
Detto questo Giovanni Franza è un uomo che viene dall'agricoltura, dagli anni ’50, dal retaggio del dopoguerra, dal Veneto lavoratore, con la voglia di fare, di guadagnare più soldi possibile, non è cattivo. Per lui l’importante era suo figlio perché avrebbe dovuto portare avanti il nome della famiglia e il patriarcato.
Cristina Comencini immaginando questa serie, ha sottolineato quest’aspetto del nostro passato, mai sottolineato in tv. Per quanto riguarda la parità, dobbiamo ancora scalare le montagne. Ancora adesso un dirigente donna a pari meriti di un dirigente maschio ha uno stipendio minore. Magari tra cinquant’ anni le generazioni future penseranno che anche noi siamo retrogradi.
Il Franza non è un camorrista, non è una pessima persona, è uno che è ineducato lui stesso ad educare i suoi figli. Era fiero di essere l’uomo alfa che rappresentava il veneto italiano e che doveva dare benessere alla sua famiglia. Quando la figlia dice di voler studiare chimica non lo accetta perché non fa parte del suo retaggio culturale. Non ho fatto altro che rappresentare un po’ della storia raccontata dai miei nonni.
Per un dramma molto forte che capita nella famiglia Franza, poi Giovanni riesce a capire l'amore che aveva accanto, sua moglie, a cui non dava mai interesse, anzi che tradiva, quindi anche il suo personaggio avrà la sua evoluzione.”
Un altro cambiamento che ha caratterizzato la seconda metà del ‘900 ha riguardato il concerto di genitorialità: i figli si consideravano un possesso, una proprietà, poi si è andava sviluppando l’idea che il figli sono essi stessi individui a se stanti e come tali richiedono rispetto, e non sono prolungamenti dei loro genitori. Il tuo personaggio è ancora legato a quest’idea del figlio come possesso. Ti va di fare una riflessione su questo, magari anche collegandolo a qualche esperienza personale, se c’è stata?
“Giovanni Franza" dice
Alessio Boni "è il retaggio di quel periodo storico in cui si era sballottati da una guerra, senza soldi, in cui le persone si industriano a fare qualsiasi cosa per riscattarsi da questa povertà, ma perdevano di vista il comportamento, l'educazione. Ho fatto delle ricerche da cui è emerso per esempio che tornando a casa dal lavoro, spesso gli uomini non chiedevano neanche come era andata a scuola al figlio, se aveva un compito in classe, non sapevano nulla di questo, non in quanto cattivi, semplicemente perché non avevano questa sensibilità. Erano forgiati in una cultura per cui era un’onta se andavano con il passeggino in un giardino con un bambino e questo lo dico perché mio padre si vergognava di potarmi in giro con il passeggino senza mia madre.
Giovanni Franza è un uomo che non ha i codici per dare un consiglio ai figli. Pensa che suo figlio abbia il suo stesso temperamento, che sia fatto con il suo stesso stampo e sbaglia tutto, lo vorrebbe forgiare come lui, un piccolo Giovanni Franza, cerca di togliergli qualsiasi velleità artistica, ideali diversi dai suoi. Era dritto come una freccia verso la perdizione questo essere umano: il riscatto economico era la cosa più importante, andava ostentato il lusso che si poteva a raggiungere. Franza viene portato a cambiare mentalità dalle figlie e dalla moglie, e da un dramma che succederà nella storia.”
10/04/2017, 19:40
Rita Bennardello