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L'INGANNO - Un lungometraggio non riuscito


L'INGANNO - Un lungometraggio non riuscito
Una scena del film "L'Inganno"
L’Inganno di Sofia Coppola con Colin Farrell, Nicole Kidman, Kirsten Dunst, Elle Fanning, Oona Laurence Premio della Critica all’ultimo Festival di Cannes. Un film non riuscito.
Siamo in Virginia, nel Sud degli attuali US durante la guerra di Secessione (1864) in un collegio diretto da Miss Martha Farnsworth. Con lei c’è l’istruttrice Edwina e cinque ragazze di età diversa. Vigono le regole e le convenzioni di un collegio per signorine bene mentre fuori si sentono in lontananza i cannoni delle battaglie. Le sette donne sembrano vivere in un mondo a parte, una torre d’avorio, quando viene trovato un soldato nordista ferito nel bosco di fronte all’imponente edificio adibito a scuola. La presenza di un uomo – estraneo e nemico - farà scattare competitività, gelosie, civetterie e desideri sopiti o non ancora conosciuti tra le collegiali.
Sofia Coppola descrive in modo fiabesco, superficiale, un gineceo petulante con gli effetti dell’isolamento e della convivenza forzata, il candore maligno delle adolescenti e la voglia di lasciarsi andare.

C’è chi ha definito un « imbroglio oleografico », chi invece un « prezioso remake ». Per me è invece un lungometraggio insignificante. Sofia Coppola non è riuscita a ricreare né l’atmosfera muliebre fatta di desideri e inganni del Collegio femminile diretto da Miss Martha Farnsworth , né il clima e la tensione psicologica della guerra di Secessione che si combatteva nelle vicinanze. I luoghi e i personaggi sono vagamente abbozzati e privi di spessore narrativo nonostante un cast di vaglia. Tutto è soffuso, talvolta anche confuso e privo di logica.

L’originale di Don Siegel del 1971, dal titolo La notte brava del soldato Jonathan con Clint Eastwood e Geraldine Page era migliore sul piano della narrazione nonostante alcune scene esagerate della vita quotidiana dell’internato. I personaggi, dal Caporale Mc Burnay, alla Direttrice, alla sua assistente e alle educande avevano una fisionomia ben precisa e un ruolo ben definito nel dramma che inizia e finisce in un luogo chiuso: il Collegio. Notevole poi il ruolo della domestica di colore con il suo senso pratico e la sua visione del mondo, quella di un ex schiava che è in contrasto con quello accademico e dittatoriale di Miss Martha, donna frustrata nei suoi sentimenti muliebri o visioni d’incesto, e quello edulcorato, femmineo delle convittrici. Nell’inganno di Sofia Coppola tutto ciò e sparito. La regista di “Lost in Translation” si è persa in una favola che, ahimé, non ha saputo raccontare. Nulla da eccepire sulle raffinatezze dei costumi e bellezza dell’acconciature che evidenziano uno spiccato senso estetico ma che denotano superficialità, mancanza di contenuti. Il suo inganno è incantatorio sul piano estetico, ma quasi vuoto sul piano narrativo. Ora mi chiedo come cosa mai la Giuria di Cannes, quella del Settantesimo, abbia trovato di speciale nell’Inganno di Sofia Coppola per premiarla, non con un premio qualsiasi, ma con quello che più le appartiene !

03/10/2017, 10:46

Augusto Orsi