FESTIVAL DEI POPOLI 58 - Intervista a Silvia Bellotti
Presentato nel Concorso Italiano della 58a edizione del Festival dei Popoli, "
Aperti al Pubblico" è ambientato all'interno dell'Istituto Autonomo per le Case Popolari di Napoli. Ne abbiamo parlato con la regista
Silvia Bellotti.
Pur essendo un documentario di osservazione, il tuo lavoro sembra una commedia all'italiana, con momenti irriverenti che lasciano spazio al dramma. E' qualcosa che cercavi sin dall'inizio o ti ci sei imbattuta?
Indubbiamente sono entrata li dentro pensando di fare una commedia, anche se poi la drammaticità di quello che andavo scoprendo ha preso il sopravvento. C'è stato un grande lavoro di montaggio, perchè i colloqui erano tanti e abbiamo cercato quelli che maggiormente dipingessero i protagonisti, gli impiegati. Ciascun colloquio doveva dare una pennellata di quell'umanità che ho incontrato la dentro.
Guardando all'altra parte della scrivania, agli utenti che ogni giorno si palesano in quell'ufficio, con che criterio hai scelto le storie da filmare?
E' stato un aspetto molto istintivo del mio lavoro, all'interno di un luogo in cui alcune persone le ho viste ripetutamente, altre solo di passaggio. Riprendendo un impiegato a volte capitava che la persona davanti iniziasse a parlare della propria pratica e non ci fosse nemmeno l'occasione di presentarsi, quindi filmavo direttamente, altre persone le ho invece conosciute in sala d'aspetto. Molti di loro avevano problemi all'ordine del giorno, una voltura o un contratto, ma la cosa straordinaria era l'incontro con l'impiegato, un innesco magari nato da una semplice battuta, ma che porta alla scoperta del privato altrui.
Si percepisce un'aria di possibile crollo di nervi, sia tra gli impiegati che tra gli utenti. Hai assistito a scene di pubblica perdita di calma, e in questi casi come ci si comporta?
Tutto è molto calibrato. Ho cercato di prendermi cura delle persone che ho seguito, ad esempio c'è l'episodio della madre e del figlio che non ha la carta d'identità in seguito ad una serie di disastri successi nella propria vita. Il ragazzo, poveretto, era quasi esaurito, urlava come un matto, e chiaramente abbiamo asciugato il più possibile in montaggio. Urlava e guardava in camera perchè pensava di trovarsi in tv, che fossimo un veicolo di denuncia, e abbiamo cercato di calibrare tutto questo.
Da cittadina, prima ancora che da regista, vivendo a contatto con quell'ambiente per molto tempo, che idea ti sei fatta della burocrazia istituzionale?
Che è un mostro, motivo che mi ha spinto a raccontarla in un film. L'idea nasce nel momento in cui ebbi necessità di fare un cambio di residenza per lavoro, e di botto mi sono resa conto che gran parte della mia esistenza era fuori dalle leggi. Chiaramente per rimettere a posto dei tasselli ho trascorso intere mattinate e pomeriggi in quegli uffici e a telefono per capire come poter fare un cambio di residenza e questa cosa mi ha fatto pensare molto. Le persone che frequentano quell'ufficio sono spesso indigenti, e hanno gran bisogno d'aiuto oltre ad aver perso contatto con la legge. Quindi mi sono chiesta come facessero queste persone ad incastrarsi nella libreria ordinata delle leggi e delle regole, arrivando alla conclusione che è praticamente impossibile, e che gli impiegati di conseguenza fanno davvero un lavoro straordinario.15/10/2017, 18:18
Antonio Capellupo