VENEZIA 75 - "Il domani dell'ISIS sono i bambini di oggi"
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Dal 2016 siamo arrivati a Mosul per testimoniare la battaglia per la liberazione della città, il nostro documentario è il frutto di 70 ore di girato, 18 mesi di riprese e 10 viaggi complessivi, molti spesi a farci conoscere dalle persone che avremmo voluto intervistare, conquistare la loro fiducia": negli occhi di
Francesca Mannocchi e Alessio Romenzi, registi del bel documentario "
Isis, Tomorrow", si legge soddisfazione per il lavoro realizzato ma anche la consapevolezza di volere fare altro, ancora, di più per raccontare quanto visto a un pubblico occidentale che troppo poco, ancora, sa.
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Dall'idea di raccontare la guerra siamo passati presto ad un'altra, più complessa, quella di dare voce ai figli e alle vedove dei martiri dell'ISIS, completamente ostracizzati a Mosul ora che la lotta è finita. Vivono in tende separate dagli altri, insultati e coperti di sputi ad ogni inevitabile incrocio con i sopravvissuti 'dall'altra parte'. Abbiamo provato a umanizzare i colpevoli: è troppo facile, oltre che controproducente, dipingerli sempre e solo come un unico corpo nero che va demolito, con ogni mezzo. Un giorno, parlando con il nostro interprete, un ragazzo normale, che faceva il medico, gli abbiamo chiesto che fine avrebbero fatto i tanti bimbi rimasti orfani tra le file dell'ISIS, ci ha detto: Ne ammazzeremo il più possibile, che possiamo fare? La sua risposta ci ha gelato ma anche aperto gli occhi su una situazione apparentemente senza via di uscita".
Oggi sono stati battuti, ma i miliziani dell'ISIS sanno che prima o poi tornerà il loro momento. "
I bambini sono la loro forza, sono una generazione futura perfettamente consapevole che la vita dell'uno non conta, conta l'obiettivo che tutti insieme stanno portando avanti, la ricerca della vittoria finale".
Rendere umani i nemici può provocare reazioni forti nel pubblico. "
Per questo abbiamo inserito interviste a vittime e superstiti da ogni parte, cercando di mostrare il problema non schierandoci. E' stato complicato, quasi impossibile empatizzare con queste persone, ma il fastidio che provavamo era funzionale alla riuscita del lavoro. Siamo tornati da Mosul dopo tutto questo impegno con la voglia di fare ancora qualcosa in più di quanto sia stato fatto in passato. Se l'Occidente non inizierà a mutare il suo atteggiamento ci ritroveremo presto, troppo presto, in una situazione ancora peggiore di questa".
30/08/2018, 14:03
Carlo Griseri