IL BANCHIERE ANARCHICO - Base e Pessoa
Tratto dall’altissimo racconto di
Fernando Pessoa, "
Il Banchiere Anarchico" è un film che si spoglia di tanta grammatica cinematografica per lasciare spazio e onore al testo del poeta portoghese che per la prima volta viene adottato per il grande schermo.
In scena ci sono
Giulio Base e Paolo Fosso.
La storia inizia sul finire di una cena nel disadorno palazzo blindato di un potentissimo banchiere che celebra frugalmente il suo compleanno. La ricorrenza si fa occasione per soddisfare le curiosità dell’unico commensale (e forse unico amico) riguardanti la misteriosa ma irresistibile ascesa verso un’enorme ricchezza.
Figlio del popolo, il banchiere sostiene che quel suo impero economico trae origine da una volontà di lotta sociale evoluta, che va condotta in solitudine, ma non per questo meno radicale dell’ideologia di quelli che si professano anarchici duri e puri.
Sostiene il banchiere che l’atto dell’isolarsi è l’unico modo per condurre una vera vita rivoluzionaria, per una militanza politica superiore a quella dei suoi vecchi compagni di ribellione che lui oggi apostrofa come “le puttane nella dottrina libertaria”.
L’uomo stordisce l’ospite con una colta esposizione sofistica intrisa di idee incendiarie contro le ingiustizie della borghesia e di denunce feroci nei confronti della strapotenza del veleno mortale che mina dall’interno la nostra libertà: il denaro. Denaro che il banchiere ha incamerato senza scrupoli e senza regole per, sostiene, essere libero, senza vergogna.
La magia vera del film è consumata a livello formale del testo. A Livello ‘sofistico’, potremmo dire. Come il testo, anche il film si regge su una catena di presupposti, ciascuno dei quali è appena più estraneo alla verità rispetto a quello che lo precede.
Inoltre c’è una prova attoriale audace, teatrale, ‘overacted’ per così dire.
Giulio Base dedica tutto se stesso, è evidente, nell’opera ,quanta urgenza artistica ci fosse in lui per realizzare questo progetto.
Paolo Fosso rimane più pacato, come richiesto dalla storia, seppur sua la voce narrante che apre e chiude l’opera.
L’esperienza dello spettatore è legata unicamente ai due personaggi, denaturati da contesto, da scenografie, da elementi estranei al dialogo. Il regista vuole che l’audience non stacchi l’occhio sui due personaggi, sui loro gesti grazie a primissimi piani sui dettagli e a un sound design feroce. I piani sequenza ci sono, ma sono più che altro teatrali e poco orwelliani, non c’è possibilità di distrazione nel cercare un punctum barthosiano nell’immagine, poiché essa è sempre riempita dal dialogo tra i due attori. Il regista si serve, allo stesso tempo, di alcuni accorgimenti, seppur poco chiari nel complesso, come il gioco tra il colore e il bianco e nero.
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Il Banchiere Anarchico" è un film difficile da vedere per chiunque non abbia voglia di ascoltare il ragionamento del banchiere ma ha sicuramente un senso e una coerenza stilistica e di contenuti. È evidente la passione per Pessoa di
Giulio Base che, a un grande rispetto del testo, aggiunge nel suo adattamento cinematografico uno studio attento.
Anna Pennella04/10/2018, 15:32