Note di regia di "Non Sono Mai Tornata Indietro"
“Non sono mai tornata indietro” nasce da una domanda: può esistere amore o affetto quando una delle parti coinvolte è in condizione di subalternità?
Iolanda, benché in passato si sia trovata a vivere in una posizione di subalternità, ha amato - e continua ad amare - la mia famiglia, nonostante la necessità di distaccarsene. Il film nasce dunque dallo stupore provato quando ho trovato la risposta alla domanda iniziale. Quello stupore si è poi tradotto in molte domande, che hanno messo in moto la volontà di conoscere a fondo la storia di Iolanda e il desiderio di raccontarla.
Questo documentario nasce però anche dalla volontà di proporre un tipo di narrazione diversa sulle donne. Una narrazione che non persegua necessariamente un modello eroico di donna vincente o totalmente emancipata, capace di imprese enormi o grandi conquiste. Non sono mai tornata indietro racconta una “microstoria”, una piccola rivoluzione, capace di essere tale solo se messa in relazione alle origini della sua protagonista e ai destini delle donne che, come lei, hanno affrontato le stesse esperienze. Una rivoluzione priva di ideologia e del tutto istintiva, nata dalla necessità di affermare un proprio senso di libertà, dignità e giustizia che precede qualsiasi consapevolezza culturale o politica.
Dal punto di vista stilistico ho ricercato una forma asciutta e puntuale ma nello stesso tempo viva ed evocativa, nel tentativo di avvicinarmi il più possibile alle modalità narrative con cui Iolanda e le altre donne intervistate mi hanno offerto i loro racconti. Si tratta di forme narrative tipiche della cultura orale che ancora sopravvivono in alcune zone rurali dell’Italia e che procedono per frammenti di dialoghi, aneddoti, incisi e considerazioni personali, mescolando tra loro i piani temporali e i punti di vista, in un flusso continuo di vita.
La scelta di usare mezzi di ripresa diversi nasce dalla necessità di avere maggiore libertà di intersezione tra i piani temporali e spaziali della narrazione per avvicinare il più possibile il linguaggio cinematografico a quello orale.
Attraverso le immagini del presente e del passato ho provato a ricercare il punto di vista di Iolanda e delle altre donne, proprio come farebbe un attore in cerca dell’essenza del personaggio che dovrà interpretare. Volevo capire fino in fondo la loro versione dei fatti, addentrarmi anche visivamente nella loro prospettiva, per capire come queste donne abbiano affrontato le stesse esperienze, giungendo però a esiti diversi.
La voce di Iolanda costituisce dunque la linea portante di tutto il film e si evolve formalmente e ritmicamente, trasformandosi via via da racconto in voce off, a dialogo con me che la interrogo da dietro la camera, per poi diventare una sorta di confessione che, partendo dal presente, si interseca ai racconti senza tempo delle delle altre donne.
Il lungo lavoro di ricerca degli archivi TV, dei repertori amatoriali in super8 e di quelli istituzionali in pellicola che rievocano il contesto storico e sociale in cui Iolanda ha vissuto, é stato indirizzato a creare un costante rimando tra passato e presente. Nell’uso dei repertori ho cercato uno stile di regia che li rendesse complementari ai diversi livelli narrativi delle scene. La sfida è consistita proprio nel fare in modo che all’interno delle azioni del presente si aprissero degli spazi di memoria visiva ed emotiva collettiva che raccontassero, oltre alla storia di Iolanda, quella di tutte le donne che hanno avuto un percorso simile al suo.
La protagonista, così come tutti i personaggi che le stanno vicino, parlano un italiano contaminato e imperfetto. Questa particolarità gioca un ruolo fondamentale nella delimitazione dello “spazio scenico” perché concorre, in modo naturale, a definire i confini linguistici e territoriali del mondo di Iolanda. Cercare di tradurre nel linguaggio non verbale i suoi meccanismi narrativi é un modo per avvicinare lo spettatore al punto di vista della protagonista. Ed é proprio perché la personalità di Iolanda é forte, multiforme, carica di emozioni contrastanti, di ironia e di autoironia che il film si propone di restituire con sincerità tutta la complessità di questa storia.
Silvana Costa