SOTTODICIOTTO 23 - Bessoni: "Credo molto nella contaminazione"
Stefano, la tua carriera è molto variegata: come possiamo sintetizzarla?
Inizio disegnando, poi c'è stato lo spostamento verso zoologia, anatomia eccetera. Poi ritorno sul disegno perché naturalmente capisco che quella era la mia strada, durante gli anni in Accademia mi appassiono di di cinema e comincio a voler fare il regista cinematografico.
Divento regista cinematografico, faccio dei film, inizio il mio percorso con tutte le difficoltà e a un certo punto non si riesce più a realizzare il film.
Disegnando ripiego, che poi non è un ripiego perché è un'altro modo di raccontare e mi ha permesso di realizzare un'immagine pubblica di quello che faccio: ho iniziato a fare libri illustrati raccontando le mie storie, disegnando invece che filmando.
A un certo punto vado a rispolverare l'animazione in stop motion che avevo incontrato durante gli anni dell'accademia ma non avevo potuto fare per evidenti problemi tecnici e per mancanza di riferimenti qui in Italia. Comincio a lavorare su cortometraggi, sperimentazioni, didattica: non riesco, ancora oggi, a realizzare film e quindi anche in maniera molto ironica mi definisco un teorico.
Conosco bene l'argomento, so fare le cose, so fabbricare burattini e li so animare, sono anche regista e quindi posso raccontare delle storie però rivolgo tutto questo alla didattica, cosa che naturalmente mi piace molto e mi permette di formare tantissime persone. Però c'era qualcuno che diceva che chi non sa fare insegna... mi piacerebbe anche fare, per dimostrare che sono veramente capace.
E' un buon momento per questa tecnica.
Un film come il Pinocchio di del Toro appena uscito lo dimostra... Secondo me ha messo un punto importante perché ha preso tutto il materiale collodiano, lo ha fatto a pezzi, l'ha atomizzato e ha preso gli elementi che lo interessavano per raccontare la sua storia del burattino di legno. Non è più Pinocchio ma c'è tanto più Collodi lì rispetto ad altri, però è un'altra cosa... non dico che sia un Pinocchio definitivo ma per un po' di anni mette un bel punto alla storia.
La stop motion ha avuto un periodo buio che è durato parecchi decenni e poi grazie a Tim Burton all'inizio degli anni '90 ha cominciato a sdoganarsi, poi con l'aiuto del digitale oggi è una delle tecniche di animazione utilizzate per raccontare storie al cinema, anche cinema mainstream. Sarebbe giusto che da noi in Europa si potessero fare più lungometraggi così, è paradossale che gli autori d'oltreoceano vengono a lavorare qui perché costa meno, si appoggiano alle maestranze che abbiamo in Inghilterra e in Francia per realizzare prodotti mainstream e noi non li facciamo.
Tu hai due progetti in produzione da tempo.
"Le scienze inesatte" è un film interamente in stop motion, una storia originale sul tema delle wunderkammer, della fabbricazione dell'homunculus: è la storia di un piccolo fantasma rimasto imprigionato in una wunderkammer, con i nuovi abitanti che arrivano nella casa e lo scoprono. Si presta tantissimo a essere realizzata in stop motion.
"Falene" invece è un film con attori dove però la stop motion entra in due modi: è una storia di fantasmi ed entomologia in un istituto di zoologia sperduto sulle coste dell'Inghilterra, dove un ragazzo diventa nuovo disegnatore scientifico dell'istituto e ha la passione dell'animazione in stop motion. La sera, non conoscendo nessuno e non sapendo cosa fare incontra una ragazza del posto e le fa vedere come funziona questa cosa: si mettono a fare delle animazioni per scherzo e nei fotogrammi rimane impresso un fantasma di una bambina che era scomparsa. La stop motion è anche un elemento drammaturgico all'interno della storia, ho realizzato così tutti i flashback d'epoca.
I progetti però sono entrambi in una fase bruttissima... "Falene" è in sviluppo da tantissimi anni ma non si riesce il modo di farlo decollare, "Le scienze inesatte" sta ora ripartendo con una nuova fase di sviluppo. Vediamo che cosa succederà.
Il cinema nel cinema non è una novità per te.
Credo molto nella contaminazione, nel mescolare i linguaggi espressivi. Il mio maggior punto di riferimento in assoluto è Peter Greenway e da lui ho imparato a lavorare a infiniti livelli di lettura, cercando di creare dei progetti che possano essere rivisti e riletti all'infinito, trovando ogni volta delle nuove chiavi andando a scavare, cercando di sperimentare soprattutto nel multimediale e nelle nuove tecnologie, senza abbandonarmi però alla storia becera.
Oggi il cinema si fonda su modelli che ormai sono abusati, poveri dal punto di vista dei contenuti ed estremamente prevedibili: se ci mettiamo a vedere un film di genere soprattutto su una piattaforma ci rendiamo conto che a tot minuti succede quello sappiamo che succederà... Io ho un po' l'utopia di poter ancora sperimentare e di creare dei prodotti che possano contenere tutto questo, possano mescolare illustrazione, cinema, attori, teatro, scrittura, musica, animazione e illustrazione.
16/12/2022, 13:29
Carlo Griseri