BENE! VITA DI CARMELO - Raccontare l'Indefinibile
Raccontare la vita di un artista è sempre un’impresa ardua, lo è ancora di più se questo artista si chiama
Carmelo Bene. Difficilmente inquadrabile in una definizione, Bene in vita è riuscito sempre a essere un enigma per pubblico e critica, un “buco nero” che per la sua personalità eccentrica ha sempre attratto a sé attenzione, disapprovazione, derisione e grandi lodi che lo hanno reso anche prima della morte un mito per molti.
Carmelo Bene stesso affermava di non conoscere i suoi limiti, che per essere in grado di farlo avrebbe dovuto conoscere sé stesso, e questo non gli era possibile.
Samuele Rossi in "
Bene! Vita di Carmelo, la macchina attoriale", scritto insieme a Lorenzo Bagnatori, ripercorre le tappe fondamentali della sua carriera attraverso gli interventi di studiosi come il sociologo
Stefano Cristante, il giornalista
Pietrangelo Buttafuoco, Maurizio Costanzo, delle compagne nella vita e sul palco, le attrici
Lydia Mancinelli e Raffaella Baracchi, ultima moglie di Bene, e della figlia Salomè che oggi è vice presidente del comitato tecnico scientifico del fondo – archivio Carmelo Bene.
Dall’infanzia a Otranto, dove ebbe una formazione profondamente cattolica che creò in lui un “corto circuito”, una voglia di ribellione ed evasione che lo porteranno nel 1953 a trasferirsi a Roma, fino alla conquista della scena teatrale d’avanguardia italiana. Si iscrisse all’
Accademia Silvio D’Amico cominciando presto a rifiutarne le regole, ritenendo i suoi corsi inutili e allontanandosi dopo un anno per cominciare quel percorso rivoluzionario che lo porterà a diventare uno tra i fondatori del nuovo teatro italiano. Poi il cinema, nel 1968 con "
Nostra Signora dei turchi" vince il Gran Premio della Giuria alla Mostra di Venezia, la poesia, la televisione, i suoi popolari “Uno contro tutti” al Maurizio Costanzo Show.
In questo racconto che alterna le diverse testimonianze alle foto e video di repertorio fa da collante
Filippo Timi, che truccato come Bene in opere teatrali come l’“Amleto” e “Salomè”, sue rivisitazioni dei classici, recita stralci della sua autobiografia “Sono apparso alla Madonna”, un modo per dargli ancora “voce in capitolo” nell’elaborazione di sé stesso, per mettere al centro del documentario il suo punto di vista, la sua arte, la sua visione del mondo, mai banale, sempre imprevedibile, inclassificabile. Un artista che continua a sfuggire, difficile da inquadrare completamente in un documentario di poco meno di un’ora che proprio in questo “limite” riesce a rendere la sua grandezza, il suo lascito ancora da studiare e poi, forse, un giorno superare.
30/12/2022, 17:16
Caterina Sabato