BERLINALE 73 - "Le Mura di Bergamo"
Forse è troppo presto, le ferite sono ancora aperte, e questo racconto senza filtri della pandemia di Covid in Italia, e in particolare nel suo epicentro, Bergamo, è di forte impatto, a tratti insostenibile. "
Le mura di Bergamo", documentario diretto da
Stefano Savona (“La strada dei Samouni”, “Tahrir”) è la cronaca puntuale dei giorni “caldi” della diffusione del virus che ha cambiato per sempre le nostre vite.
Le riprese sono iniziate proprio a marzo 2020 a Bergamo, il regista segue negli ospedali sovraffollati medici, infermieri, volontari, operatori telefonici del 118, le loro voci stanche, affrante ma lucide aprono il documentario che non risparmia colpi allo stomaco. Come quando ascoltiamo Daniela che lavora al 118 spiegare con rassegnazione e dolore la “cernita” che è costretta a fare tra i malati, prendendosi la responsabilità di scegliere chi far ricoverare, di capire contando solo sulle sue capacità e sulla sua forza interiore chi ha più speranze di salvarsi e chi deve rassegnarsi a morire in casa senza più speranze. I pazienti intubati, immagini che spesso abbiamo visto anche nei telegiornali, ci raccontano gli ultimi attimi lontano dalla famiglia, tra sconosciuti nella loro stessa condizione, accolti e curati da medici e infermieri amorevoli, ma lacerati dentro da paura e stanchezza.
Ci sono poi le indelebili e strazianti immagini dei carri militari che trasportano le bare dei morti fuori dalla città, senza un ultimo saluto dei cari, senza il commiato che tutti meritano. E poi i parenti, i “sopravvissuti”, il post, gli strascichi che Bergamo, come del resto tutti quanti, ha dovuto e continua ad affrontare. Nel rivedere quelle immagini, quella tragica eccezionalità diventata quotidianità, tra le strade deserte, la morte sempre presente, la distanza, la paura e l’angoscia costante, attraverso un montaggio emozionale, utilizzando anche immagini di repertorio come associazioni libere volte ad accompagnare i momenti più duri, Savona intraprende, evitando di scivolare in una stucchevole retorica, forse la prima vera storicizzazione di un evento ancora troppo vicino.
Un documentario che, partendo dalla prima città in Italia ad essere travolta dal virus, seguendo anche la sua “ricostruzione” post pandemia, ci racconta l’incubo inaspettato che ancora dobbiamo elaborare del tutto, ma anche di quanto siamo frangibili, di quanto tutto quello che conosciamo, le certezze che abbiamo, possono essere spazzate via in un attimo da un virus sconosciuto, da una malattia nota, o da un semplice incidente.
24/02/2023, 16:45
Caterina Sabato