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EDOARDO STRANO - Un Sogno ad Occhi aperti


Intervista all’attore siciliano nel cast italiano di “Indiana Jones e il Quadrante del destino” a fianco di Harrison Ford.


EDOARDO STRANO - Un Sogno ad Occhi aperti
Edoardo Strano
Catanese, classe 1993, sta vivendo un momento davvero magico: prima sul set di “Indiana Jones e il Quadrante del destino”, in scena con Harrison Ford e Phoebe Waller - Bridge nel ruolo dell’assistente di Archimede nella scena finale ambientata indietro nel tempo, a Siracusa nel 214 a.C, ora sul set della serie “Those about to die” di Roland Emmerich, con protagonista Anthony Hopkins.

Sin da bambino, Edoardo Strano, ha sempre avuto un grande interesse verso la scrittura e la recitazione, frequentando nel corso degli anni laboratori a Catania e a Roma, dove ha perfezionato le tecniche dell'interpretazione davanti alla macchina da presa. Dopo alcune esperienze teatrali, Edoardo ha esordito sul grande schermo in "Il traditore" di Marco Bellocchio, per poi partecipare nel 2022 a "Leonora addio", ultimo film di Paolo Taviani.

Lo abbiamo intervistato.

In Indiana Jones e il Quadrante del destino interpreti un piccolo ruolo in una scena molto importante, il momento in cui Indy viaggiando nel tempo incontra uno dei suoi miti, il matematico Archimede…

"È stato incredibile poter condividere la scena con Harrison Ford e con un'attrice talentuosissima come Phoebe Waller- Bridge. Il cinema riesce a creare magia, trovarsi catapultati nella Siracusa del 214 a.C. e vivere i panni di un personaggio che ha vissuto quell'epoca è stato emozionante dal punto di vista umano e professionale, avvertivo veramente di vivere quell'epoca, è qualcosa che può accadere solo nei sogni o al cinema che con i sogni condivide la magia".

Com'è andata con Harrison Ford?

"Il primo giorno che sono arrivato sul set si è avvicinato e si è presentato, è stato un gesto molto semplice ma anche ricco di significato, di umanità. Poi durante le riprese di una scena mentre correvo sono scivolato ma non mi sono fatto nulla, e dopo Harrison Ford è venuto a chiedermi come stessi, se mi fossi fatto male, un gesto che ho molto apprezzato".

Il finale del film, il viaggio nel tempo di Indiana Jones, non ha convinto molti, ma trovo poetico il fatto che Archimede abbia chiesto aiuto dal passato tramite il Quadrante per tentare di fermare l’assedio di Siracusa, tu cosa ne pensi?

"L'idea che mi sono fatto io di Archimede è che fosse un genio assoluto, una persona fuori dal mondo, ho letto alcuni libri su di lui, era molto legato alla sua terra, amava moltissimo il suo popolo, ecco perché a un certo punto si trova costretto a mettere le sue invenzioni scientifiche al servizio della guerra, ma lui non credeva assolutamente ai valori della guerra, anzi pensava che fosse un’inutile perdita di tempo e un danno per l'umanità, come credono tutte le persone dotate di coscienza. Ed è emozionante il fatto che volesse a tutti i costi liberare i siracusani dall'assedio nemico, salvarli, difenderli. L’SOS che lui lancia al futuro tramite questo misterioso marchingegno è qualcosa di molto toccante. Per quanto riguarda il viaggio nel tempo di Indiana Jones penso che essendo un archeologo lui si è sempre proiettato nel passato, cercando di scoprire le origini delle civiltà antiche, il modo in cui le persone di un tempo vivevano, pensavano e agivano. Se Indiana Jones viaggia fino alla Siracusa del 214 a.C. succede perché è la magia del cinema, è un film sul tempo e sulle emozioni, e il Quadrante secondo me è la scatola della memoria, è l’insieme di tutti i ricordi e delle prospettive future".

Come nasce in te la passione per la recitazione?

"Da bambino mi lasciavo andare alla libera fantasia e inventavo dei racconti, dei personaggi, scrivevo poesie. Poi ho scoperto che questo stesso piacere lo ritrovavo anche nel vedere dei film. Mi piace l'idea che al cinema provo a restituire allo spettatore lo sguardo dei personaggi, il modo in cui guardano il mondo".

Hai lavorato anche con due maestri come Marco Bellocchio ne “Il traditore” e Paolo Taviani in “Leonora addio”, cosa ti hanno lasciato?

"Ci tengo a precisare che a Marco Bellocchio devo tutto, non avrei avuto la consapevolezza di dove voglio andare, di come voglio approcciarmi a questo mestiere, e forse non avrei avuto le opportunità che ho oggi se non avessi lavorato con lui, è il regista che mi ha dato realmente i natali cinematografici. Ho visto come si lavora ad un certo livello, il suo è un approccio molto creativo, collabora molto con gli attori, crede nel rapporto tra l'attore e il regista, e quindi il suo lavoro è sempre in divenire, è un processo creativo continuo, e questo è qualcosa che mi ha stupito davvero. Un regista della sua età, con la sua esperienza potrebbe tranquillamente finire la sua carriera, invece ha una grande vivacità creativa. Paolo Taviani è stato una bella scoperta, avevo una piccola scena in “Leonora addio”, e in quell’occasione ho respirato l’aura di Luigi Pirandello. Giravo questa scena in cui il mio personaggio era di fronte a una cassa di legno con all'interno le ceneri di Pirandello, un genio della letteratura italiana, e Taviani voleva che io provassi una sorta di trasporto emotivo, un atteggiamento di forte compassione nei confronti delle ceneri".

Ti piacerebbe un domani scrivere una tua sceneggiatura per il teatro o per il cinema?

"Sì, molto, ci penso da tempo, ho delle bozze su alcuni soggetti, e anche dei brevi trattamenti di cortometraggi. Ho avuto l'occasione di frequentare dei laboratori e quindi di mettermi alla prova anche con la scrittura teatrale e devo dirti che è qualcosa che mi affascina e mi stimola molto”.

Hai degli attori di riferimento?

"Un attore del passato per cui vorrei la macchina di Archimede per farlo tornare in vita e poter assistere al suo lavoro creativo è John Cazale, che ci ha lasciato troppo presto. La vulnerabilità che traspariva dai suoi occhi quando interpretava i suoi personaggi in quelle poche pellicole in cui è apparso è qualcosa che secondo me è un'alchimia difficile da riprodurre, è più che recitazione, è un misto tra poesia, recitazione, alchimia, magia, è un'arte che secondo me è troppo misteriosa da scoprire. E poi un altro attore che amo sin da bambino è Leonardo DiCaprio".

In questo periodo sei sul set di una serie internazionale, "Those About To Die", diretta da Roland Emmerich con Anthony Hopkins, ambientata nell’antica Roma …

"Mi aspettano ancora diversi mesi di riprese a Cinecittà, non c’è stata l’occasione ancora di incontrare Hopkins, non so se succederà, per ora abbiamo girato in scene diverse, ma sapere di essere in un progetto in cui lavora un'altra leggenda del cinema mondiale mi rende felicissimo".

Tante produzioni straniere stanno scegliendo Roma e Cinecittà per girare film e serie, si sta vivendo una rinascita degli studios romani, come negli anni ’50 e ’60, com’è toccare con mano tutto questo?

"Cinecittà io l’ho sempre sognata, ed entrare nei teatri di posa da attore è un sogno ad occhi aperti, qualcosa di inaspettato, sono felice di vivere questa esperienza. È un momento di rinascita, un momento glorioso per Cinecittà, dal punto di vista delle emozioni sto vivendo quello che ho vissuto sul set di “Indiana Jones”, è tutto fatto in grande, curato nei minimi dettagli".

23/07/2023, 09:17

Caterina Sabato