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Note di regia di "Santocielo"


Note di regia di
È evidente che da qualche tempo a questa parte non ce la passiamo troppo bene. Siamo angosciati dal terrorismo, avviliti dal populismo, allarmati dal surriscaldamento globale e, nonostante la tecnologia ci permetta di localizzarne la rotta, i treni continuano ad arrivare in ritardo. La tesi del nostro film è che tutto ciò non affligga solo le nostre insignificanti esistenze, ma anche l’umore di chi ci guarda da lassù. Dunque, la buona notizia è che Dio c’è, quella cattiva è che è un po’ più pasticcione di come il catechismo ci ha fatto credere. In ogni caso, tale imperfezione divina, dal tenore molto “umano”, ci è sembrata un ottimo argomento per cominciare la nostra commedia. A dirla tutta, quando è partita l’avventura di Santocielo, di commedie ce ne erano due. Sia io, con Davide Lantieri, che Salvo e Valentino, avevamo scritto, senza saperlo, due film che si assomigliavano. Non c’è voluto molto per capire che - insieme - potevamo trasformare i nostri progetti in realtà. Quando mi hanno chiesto di unire le forze, se ho esitato è stato per l’emozione di ricevere a bruciapelo una proposta così straordinaria dai miei comici preferiti. Io sono un regista che si dedica agli altri e la mia curiosità è scoprire come ragionano altri autori attorno a una storia. Nel tempo della scrittura mi sono dedicato a studiare i processi che portano Ficarra e Picone a pianificare una scena comica. Mi sono preparato per metterli nelle migliori condizioni per permettere alla loro ispirazione di volare alto. Il film è molto ambizioso. Non è stato facile scrivere una storia che ha dei presupposti di fantasia, una vicenda che ruota attorno a un evento che non è mai accaduto (e che verosimilmente non accadrà), come l’ingravidamento di un uomo. Ci muovevamo in un territorio poco esplorato. E dovevamo trovare una chiave per entrarci, che non fosse quella di un’avventura fantascientifica che mal si combinava con la nostra sensibilità. Per raccontare la storia del primo uomo incinto, e dell’angelo che maldestramente lo ha fecondato, abbiamo scelto la strada sentimentale, dove l’evento della gravidanza è uno strumento che da conto dei movimenti intimi, emotivi, dei personaggi. Una strada interiore, dove sono i sentimenti - quello di Nicola per Giovanna, e quello di Aristide per Luisa - a guidare la storia e il tono del racconto. La comicità di Ficarra e Picone evolve. Va oltre la consuetudine del rapporto con il pubblico: in questo film Salvo e Valentino hanno altri nomi. Hanno altri caratteri rispetto a quelli che ben conosciamo, e anche il look li trasforma rispetto alla tradizione della loro estetica. I ruoli femminili sono stati facili da identificare. Abbiamo infatti scritto pensando a Barbara Ronchi e Maria Chiara Giannetta, attrici deliziose, capaci di non prendersi mai del tutto sul serio, che abbiamo scelto per la capacità di non perdere mai di vista l’umanità nei personaggi. Da sempre penso e realizzo storie d’amore, dunque in questo orizzonte drammaturgico, avevo lo spazio per dare un contributo al cinema di Ficarra e Picone. Non solo sul fronte delle relazioni “tradizionali”, ma anche - e soprattutto - nel racconto di un papà e il suo bambino. D’altra parte - lo dico da papà più che da regista - il tema del rapporto tra il maschile e la gravidanza, che il nostro film porta alle estreme conseguenze, è un argomento molto “sentito” in un’epoca in cui agli uomini finalmente viene chiesto di assumere responsabilità sulla famiglia che non siano solo di sostentamento, ma anche e soprattutto di ordine affettivo.

Francesco Amato