FINALMENTE L'ALBA - Il mito del cinema e la cronaca nera
Il mito del cinema e la cronaca nera, i sogni ad occhi aperti di una giovane affascinata dal mondo delle star del grande schermo e l’Italia degli anni ’50 che si riflette nel nostro tempo come in uno specchio.
Presentato in concorso all’ultima Mostra del cinema di Venezia e accorciato nella durata dal regista,
Saverio Costanzo, dopo aver visto in sala il film al Lido (
Erano tagli che non volevo ammettere e che sono serviti ad alleggerire il racconto, in fondo il film è un’opera d’arte in movimento completata dal pubblico, ha detto il regista romano),
Finalmente l’alba (in sala dal 14 febbraio con 01) è un’opera ambiziosa che segue il viaggio nella notte di Mimosa (la bravissima Rebecca Antonaci), una ventenne romana catapultata per caso come comparsa (o meglio figurante speciale) sul set di un kolossal in costume interpretato dalla grande attrice Josephine Esperanto (Lily James) e costretta rapidamente a diventare donna per conservare la sua integrità morale.
Tra brindisi all’eleganza e personaggi ambigui (nel ruolo di un gallerista che scopre talenti artistici c’è il mellifluo Willem Dafoe), seduzioni pericolose e passatempi di una sera, un vestito rosso in regalo per cambiare pelle e un leone a passeggio per Roma, il film di Costanzo affascina visivamente (impeccabile la ricostruzione scenografica della Roma d’epoca e i magnifici costumi di Antonella Cannarozzi) tra veri falsi storici (le citazioni dei film sono tutte inventate ma sembrano vere) e omaggi al fascino (Alba Rohrwacher è Alida Valli). Con lo sfondo dell’omicidio di Wilma Montesi (la giovane e aspirante attrice trovata morta sulla spiaggia di Capocotta nell’aprile del 1953 e il cui caso è a tutt’oggi irrisolto) a fare da monito al percorso verso la fama della giovane protagonista.
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L’idea del film è nata da una suggestione felliniana, l’immagine di quella ragazza che parla inascoltata da Mastroianni sulla spiaggia ne La dolce vita. Le sue parole non potevano essere ascoltate perché lei per Fellini era Wilma Montesi e simboleggiava la fine dell’età dell’innocenza per l’Italia” dice Saverio Costanzo. “
Da allora in poi siamo stati ossessionati dal gossip e più interessati ai carnefici che alle vittime” aggiunge il regista de
La solitudine dei numeri primi “
nel mio film ho immaginato una sorta di dialogo tra una diva degli anni ’50 costretta a compiacere lo sguardo dei maschi per poter essere libera e una ragazza di oggi invitata alla fine ad essere ostinatamente se stessa”.
Com’è cambiata oggi Cinecittà rispetto a quegli anni? “
Trovo che le facce, i volti e i dettagli delle comparse sono sempre gli stessi anche se il mio non vuole essere un film nostalgico” risponde Costanzo “
abbiamo un artigianato che il mondo ci invidia e spero che possa continuare ad essere messo al servizio dell’industria italiana oltre che di quella americana”.
Sul diverso modo di girare un film o una serie, Costanzo specifica che “
cinema e tv hanno approcci completamente diversi. La differenza è un po’ quella tra una passione focosa tra amanti e un matrimonio felice ma ripetitivo. Bisogna combattere la stanchezza con la creatività e devo ringraziare L’amica geniale per avermi dato la possibilità di sperimentare con attori poco conosciuti e costruire un mondo nuovo. Senza aver diretto quella serie oggi non sarei stato in grado di dirigere un film corale come Finalmente l’alba”.
06/02/2024, 08:50
Claudio Fontanini