Note degli autori di "Storia della Mia Famiglia"
Le fondamenta di questo racconto affondano in un terreno composto da varie esperienze e incontri di vita significativi e passioni cinematografiche. C’è la voglia di restituire il tono di un certo cinema che ho molto amato da spettatore e, purtroppo, poco praticato da sceneggiatore: Voglia di tenerezza, Gente comune, un piccolo film con Kevin Costner che si chiama Litigi d’amore, oppure un altro piccolo gioiello nascosto che s’intitola Conta su di me. Storie che raccontano relazioni, fallimenti, e speranze di persone comuni. Film che ti rimettono in pace con il mondo, che ti fanno commuovere e sorridere, e che alla fine ti lasciano con quella piacevole sensazione di conoscerne i protagonisti, quasi fossero tuoi amici. L’altra parte sostanziale di questa serie concerne una domanda che in un determinato periodo della mia vita mi trovavo ad affrontare. Ero alle prese con un lutto, e mi chiedevo quale fosse, se esiste, l’antidoto alla paura, all’inadeguatezza e alla tristezza portate dalla perdita di una persona cara. La risposta piccola, forse anche ovvia, che ho trovato è che questo antidoto si chiama tribù. La tribù non è semplicemente una famiglia, è una comunità ramificata di amici, madri, fratelli, amori e affetti che, insieme, cerca di curare il dolore condiviso del lutto. Ecco, quel che conta è non restare soli, ma far parte di una tribù. Storia della mia famiglia racconta esattamente questo: la costruzione di una tribù per sopportare il dolore della morte. L’ulteriore obiettivo, che speriamo di aver ottenuto insieme alla co-sceneggiatrice Elisa Dondi, è stato rendere i protagonisti della nostra storia spudoratamente veri. Si tratta di esseri umani fragili, fallati, inadeguati, delusi, esasperati, ma vivi e vegeti, mossi dal desiderio ingenuo e comprensibile di cercare di essere felici. Quella voglia sbilenca, a volte illusoria, altre volte vitale, che, nella mia vita vera, mi commuove dei membri della mia personale tribù.
17/02/2025, 15:32