Note di regia di "Diari della Liberazione"
Voglio immaginare questo film come un dialogo tra passato e presente, dove la storia non è solo raccontata, ma sentita. Per farlo, lavoreremo su tre piani visivi che si intrecciano, come voci di un’unica conversazione. Le animazioni, che per me sono il cuore del progetto. Non sono semplici illustrazioni, ma il modo in cui le protagoniste vedevano il loro mondo. Se Magda guardava fuori dalla finestra aspettando notizie, voglio una soggettiva che ci mostri ciò che vedeva—o forse ciò che sperava di vedere. L’animazione ci permette di entrare in quello spazio intimo dove la scrittura diventa resistenza, dove voltare pagina è un atto di coraggio. L’archivio. Qui non cerchiamo solo i grandi momenti della Storia con la S maiuscola, ma anche momenti quotidiani. Sono queste immagini a dirci davvero com’era l’atmosfera. Quando servono, inseriremo anche eventi storici, ma sempre con un occhio a ciò che accadeva intorno. Infine, le riprese dei nostri esperti, ma non li voglio fermi dietro una scrivania. Li immagino in uno studio che sembra quasi un diario fatto di immagini: carte, fotografie, mappe dell’epoca. Come se ci invitassero a guardare attraverso una finestra sul passato. Gli storici ci aiuteranno a tenere tutto insieme, ma senza trasformarsi in narratori onniscienti. Piuttosto, saranno come guide che ci fanno notare i dettagli. Il loro ruolo non è solo contestualizzare, ma far emergere il filo invisibile che lega quelle vite alle nostre. Perché alla fine, questo film parla proprio di questo: di come le crisi, ieri come oggi, ci obbligano a scegliere tra sopravvivere e restare vivi. Queste donne hanno scelto la seconda opzione, affidando a un diario non solo i fatti, ma la loro umanità. E oggi, in un mondo che sembra di nuovo traballante, la loro voce arriva nitida, quasi ci chiedesse: “E tu, cosa scriveresti?”
Matteo Parisini