Albe Steiner

00/00/1913
Milano, Italia

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Albe Steiner


Filmografia dal 2000:

Biografia:
Nasce a Milano nel 1913. Il padre, Emerico partecipa in Cecoslovacchia ai moti d’indipendenza dall’impero austro-ungarico e, nel 1905, si trasferisce a Trieste dove,ottenuta la cittadinanza italiana, si laurea in Economia e Commercio , diventa un importante imprenditore e, nel clima di quella cultura mitteleuropea, fonda la prima Società degli amatori del libro. Sposa il soprano Titta Fosca (che dopo il matrimonio rinuncia alla carriera), sorella di Titta Ruffo,considerato il più grande baritono della lirica italiana, e di Titta Velia, moglie di Giacomo Matteotti. Fu proprio l’assassinio dello zio che fece maturare in Albe (che al momento del delitto aveva undici anni), la coscienza antifascista che l’avrebbe sostenuto nella lotta per la “libertà che è cultura”.
La vita scolastica sua e dei cugini, da allora, è piuttosto irregolare fino al diploma di ragioneria, dove il padre l’aveva iscritto per poi fare economia e occuparsi delle aziende di famiglia, con il fratello, che, come avvocato, ne avrebbe dovuto seguire gli aspetti giuridici. La storia di quegli anni invece vedrà poi la morte prematura del padre,dopo la quale Albe si dedicò ad una professione a quei tempi praticamente sconosciuta in Italia: quella del grafico.
Il suo primo lavoro, che risale al 1932 è il progetto-disegno per il motociclo “175” Atala, per cui impagina anche un opuscolo con uno stile tipografico essenziale, assolutamente anomalo per l’epoca; espone disegni per stoffe nel ’33 con Brunetta e Gruau alla Galleria del Milione di Milano, dove invece nel 1942 partecipa con suoi pezzi ad una mostra dal titolo “Disegni astratti” con Fontana, Munari, Ciuti, Lupo, Pintori, Radice, Soldati, Veronesi, mentre la sua attività nel campo della fotografia lo vedeva impegnato anche come redattore del volume “Fotografia”, prima rassegna di fotografia in Italia, edito da Domus, con una scelta di immagini controcorrente, rispetto alla retorica imperante.
Nel 1938 sposa Lica Covo e nel ’39 apre lo studio “LAS”, Lica Albe Steiner, disegnandone il marchio e la relativa carta da lettere. Scrive Munari nel 1978: “certo che, negli anni quaranta quando Steiner cominciò, forse anche negli anni trenta, ben poche erano le persone che allora potevano capire i nostri lavori grafici. Fra queste dobbiamo ricordare Adriano Olivetti e Antonio Boggeri. Olivetti per la sua sensibilità orientata all’immagine dell’azienda, dove aveva chiamato a lavorare personalità di rilievo come Nizzoli e Pintori. Boggeri perché in quegli anni fondava il suo Studio e chiamava in Italia personalità come Max Huber, Walter Ballmer, Xanti Schawinsky appena uscito dalla Bauhaus. Era una vera soddisfazione lavorare per dei competenti.” e a sua volta Boggeri, in un ricordo di Albe, nel 1974 scrive “mi chiamava zio Antonio…certo una parentela doveva esistere nell’affinità dei gusti e nell’attrazione che in entrambi esercitavano gli esempi e le prove avidamente cercate di una grafica straniera particolare, che da noi pochissimi avevano scoperto, e la volontà di appropiarcene il linguaggio. Trenta e più anni fa. Fu allora per entrambi spontaneo l’avvicinarci e attuare più di una volta e in una fortunosa occasione più strettamente, una collaborazione e un’intesa, mosse dalle stesse ambiziose affinità”.
E sono proprio i ritagli di stampa incollati con un’impaginazione di “esempi e prove avidamente cercate” di grafica ma anche di architettura, design, pittura, fotografia e cinema stranieri particolari, “che da noi pochissimi avevano scoperto”, un prezioso documento del suo autodidattismo.
Con Veronesi, pittore, grafico, fotografo lavora anche per la stampa clandestina e con Max Huber ospite, dalla vicina Svizzera, nella casa di villeggiatura di Lica, di Mergozzo, sperimenta in camera oscura, elaborando fotomontaggi. Lavora per Bemberg, per Agfa, per l’editore “Rosa e Ballo”, per Domus, alla rivista “Note fotografiche”, “Radiofoto”. Scrive ancora Boggeri “…venne la guerra e Albe vi partecipò negli anni della resistenza unendosi agli uomini nuovi venuti alla ribalta della cultura e scoprendo in quel clima di acceso rinnovamento le ragioni del suo maturato mestiere…”.
Mentre combatte “disegna” anche la carta da lettere della Divisione Val d’Ossola, che mostra come la scelta estetica fosse da lui vissuta come intrinseca parte di quell’impegno etico-civile che caratterizzerà tutta la sua attività: la professione come militanza. Una citazione di Fortini nel suo libro Sere di Val d’Ossola così lo descrive:” … replicando a due o tre ufficiali monarchici… diceva tranquille parole di un imperturbabile misticismo … Parlammo di pittura, di libri. Parlammo del dopo, come se fosse sicuro..”
Dopo l’8 settembre 1943 condivise con Lica la scelta della lotta armata al nazifascismo,come commissario politico di una brigata “Garibaldi”, partecipando attivamente all’esperienza della Repubblica partigiana dell’Ossola, nel 1944 , combattendo fino alla Liberazione e pagando un prezzo altissimo alla Resistenza. Suo fratello Guglielmo, detto “Mino”, fu catturato, poi deportato e morì nel campo di Ebensee. Il suocero Mario Covo, con due nipoti, furono arrestati a Mergozzo e fatti sparire durante la feroce “caccia all’ebreo” del settembre 1943, ad opera delle SS.
Dopo il 25 aprile é tra i fondatori dei Convitti scuola della Rinascita, lavora alla mostra della Liberazione, allestita con Gabriele Mucchi nel giugno e, nel settembre a quella della Ricostruzione con Vico Magistretti, entrambe a Palazzo Reale a Milano. Parteciperà all’impostazione dei lavori dell’VIII Triennale, che poi seguirà Max Huber. Ed è “negli anni incerti, ma carichi di entusiasmo” come scrive Dorfles, subito dopo la Liberazione che nasce il progetto “insuperato” de “Il Politecnico” cui è chiamato come redattore e grafico da Elio Vittorini, con il quale aveva prima collaborato alla stampa clandestina. Anche il quotidiano “Milano sera” sarà un’esperienza di brevissima durata nel solo 1945, ma questi lavori saranno la base di tutta quella sistematica elaborazione metodologica grafica che guiderà tutti i suoi progetti futuri.
Albe e Lica, con la piccola figlia Luisa e la madre di Lica, rimasta vedova, partiranno poi alla fine del 1945, per il Messico per raggiungere i due fratelli di Lica, là espatriati, prima delle leggi razziali, per riunire quanto era rimasto della famiglia dopo la guerra. Lì incontrano i muralisti, Rivera, Mendez, Orozco, Siqueiros con cui lavorano nel “Taller de grafica popular” e Hannes Meyer appena uscito dall’esperienza di direttore della Bauhaus. Con quest’ultimo lavora al volume “Construyamos escuelas” partecipando alla campagna di alfabetizzazione del governo . Di quegli anni è interessante il carteggio con Rogers e il gruppo editoriale Domus, che lo incarica formalmente di mandare documentazione e materiali sulla progettazione dell’architettura oltre oceano, così come gli studi originali di riviste di politica, cultura e architettura.
Rientrati per le prime elezioni libere dell’aprile 1948, Albe e Lica partecipano da subito a tutte le battaglie politiche e sindacali del periodo della ricostruzione prima, contro l’atomica e per la pace poi e si immettono in quell’attività di definizione del mestiere di grafico, comunicatore, disegnatore industriale negli anni dello sviluppo economico.
Partecipa al dibattito in Triennale alla fondazione del premio Compasso d’Oro, di cui inventa e disegna il marchio, alla prima mostra dell’Estetica del prodotto in Rinascente, di cui è art director dalla riapertura nel 1950 fino al ‘54, alla fondazione dell’ADI (Associazione Disegno Industriale), alla fondazione del Sindacato degli Artisti, alla Associazione Italiana Artisti Pubblicitari, e di molte altre istituzioni per la definizione e tutela dei diritti della “categoria” dei lavoratori del settore.
Dal 1948 sia Albe che Lica affiancano al lavoro professionale il lavoro dell’insegnamento, dal Convitto Scuola Rinascita alla Società Umanitaria, all’Istituto Statale d’Arte di Urbino, alle lezioni universitarie in Italia e all’estero. Riprende la sua attività di grafico per molti giornali della nuova democrazia, tra cui l’Avanti, l’Unità, Il Contemporaneo, Vie Nuove, Rinascita, Movimento operaio, Rivista storica del socialismo, Mondo Operaio, ecc. Albe Steiner collaborò anche con la RAI, col Piccolo Teatro di Milano, con la Triennale, con la Biennale di Venezia, con Feltrinelli (1955/65), Zanichelli ( 1960/74), Vangelista e molti altri editori. Lavora alla immagine coordinata di Pierrel, Bertelli, Aurora, Coop e di moltre altre imprese, occupandosi di design e imballaggio e disegnando molti marchi importanti. Nel 1960 è autore con Piero Caleffi del libro fotografico “Pensaci Uomo” sui campi di sterminio nazisti. Ha insegnato all’Umanitaria di Milano divenendo, dal 1959 fino alla scomparsa, direttore della Scuola del libro. Dal 1962 al 1971 ha insegnato all’Istituto superiore d’arte di Urbino. Straordinari e fondamentali i suoi contributi alle più prestigiose riviste italiane, come il suo impegno nella comunicazione visiva in campo politico e democratico. Fu tra i realizzatori del Museo del deportato di Carpi-Fossoli.
L’anno della sua morte, il Comune di Milano conferì ad Albe Steiner la medaglia d’oro di benemerenza civica e, nel 1998, l’ADI gli assegna il premio “Compasso d’oro alla carriera”.
(ultima modifica: 30/12/2009)

Sito Web: http://www.archiviosteiner.dpa.polimi.it



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