Sinossi *: L’arte è utile all’uomo?
Gli attori sono adeguati alla società. I passanti sono persone che vogliono sognare ma ormai hanno perso la fiducia, da una parte la pigrizia, dall’altra i condizionamenti e la descolarizzazione, impongono di abbassare la mira e tutti si accontentano di inseguire modeste aspettative dozzinali.
La realtà e l’arte non sono in comunicazione, impoveriti dall’individualismo gli attori e gli artisti danzano al ritmo imposto dal potere, si scannano, si prevaricano senza rendersi conto delle possibilità di comunicazione che si aprono muovendosi fuori dal coro.
Roma è occupata da ogni passo, il piede camminando occupa fulmineamente il suolo pubblico. Ma questa occupazione non fa notizia perché fulminea. I criteri dell’occupazione li scandisce il tempo.
Ma nel caso dell’attore è il sentimento che dà i tempi alla sommossa. E’ possibile occupare stati d’animo attraverso l’interpretazione? E’ possibile occupare un sentimento come fosse spazio?
Trattare la frustrazione a metro quadro? Due pesi due misure, il peso della tragedia e quello della distanza. Se lo spazio è distanza chi occupa uno spazio deve mantenersi lontano da sentimenti che non sono suoi. E’ quindi un film sulla dichiarazione di resa dell’attore, sulla futile speranza che un giorno occupazione e sentimento procedano distinti, è un film che parla di una possibilità remota, di una sconfitta annunciata: rinunciare all’interpretazione per dare più importanza ai metri che alle
lacrime. E’ possibile immaginare l’attore che rinuncia all’interpretazione di sciagure che non vive, di gioie che non prova, di guerre che non ha combattuto, di malattie che non ha, di genitore di famiglia che non è, di amori che non sente, di morti che non ha mai pianto? E’ possibile immaginare un giorno l’attore interpretato finalmente da se stesso?
Il racconto, l’impegno sociale, la narrazione, fardelli che fanno meno agile lo spostamento, rendono più difficile la resistenza. Cinema, teatro, letteratura, televisione, occupati dai criteri abusivi dell’immedesimare. Sloggiare l’attore dagli stati d’animo di chi non vuole essere occupato, di chi non lo ha mai chiesto. Liberiamo la vita civile dalla rappresentazione. Questo il primo passo.
E poi occupare ogni spazio, svincolati da sentimenti a noleggio.