Sinossi *:
La video-inchiesta “Un'Altra Rotta” fa luce su un fenomeno poco conosciuto: l’esportazione di beni usati, che partono dall’Italia e arrivano in Africa dell’Ovest, svolta da immigrati provenienti da diversi paesi africani. Questi flussi informali, ma ben consolidati, permettono uno spostamento gigantesco di beni quali elettrodomestici, veicoli usati, arredamenti, accessori, vestiario, che sono raccolti in vario modo: dalla strada, dai cassonetti, comprati nei mercatini dell’usato, ritirati da sgomberi. I beni accumulati vengono poi stoccati in magazzini e infine spediti tramite container. Questa attività, per molti immigrati, è un vero e proprio lavoro. Di solito, chi ha più capitale ed esperienza affitta il container e si occupa di raccogliere porta a porta le merci di diverse persone, per ammortizzare gli alti costi di spedizione. La valorizzazione di ciò che dalla nostra società è spesso considerato un rifiuto ha come scopo quello di mandare rimesse materiali ai propri familiari e soci e affinché possano avviare delle attività commerciali nel proprio paese d’origine.
Nello specifico, la video-inchiesta si concentra sulle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) come i frigoriferi. L’esportazione di questo tipo di beni usati è una pratica legale ma complessa. Se non è infatti eseguita nel rispetto di tutte le regole rischia di ricadere nella categoria di traffico di rifiuti pericolosi, pratica criminosa ed ostacolata dalla Convenzione di Basilea del 1992. La normativa italiana prevede che si possa fare a livello aziendale con una partita iva e una certificazione che garantisca che si stiano trasportando esclusivamente beni funzionanti. La casistica di questi esportatori informali non è stata presa in considerazione e di conseguenza adeguatamente regolamentata. Molti spedizionieri ricorrono quindi a escamotage e spediscono i loro container sotto la dicitura beni personali. Così facendo rispondono alla crescente domanda africana di beni elettronici usati, provenienti dall’Europa che, per gli altri standard di qualità, sono di gran lunga preferiti anche al nuovo (per lo più) cinese.
Dal canto nostro, la società dei consumi genera un’enorme quantità di RAEE che non hanno terminato la loro vita, beni che diventano irrimediabilmente rifiuti nel momento in cui decidiamo di sbarazzarcene, ma che potrebbero svolgere ancora la loro funzione.
L’Onu calcola che il flusso di rifiuti RAEE sia quello in più rapida crescita al mondo e che se non cambiamo rotta in fretta, in dieci anni, verremo sommersi da 74 milioni di tonnellate di RAEE. Oggi, l’Unione Europea punta su un modello di economia circolare e si pone come obiettivo una società a rifiuti zero, introducendo l’end of waste, il processo attraverso cui un rifiuto può tornare a essere un bene.
Eppure, in Italia, vi è un’unica realtà che si occupa di rigenerazione di elettrodomestici, Rigeneration. L’impianto normativo che regola l’end of waste è infatti incompleto ed è in atto una diatriba tra stato e regioni per chi debba rilasciare le autorizzazioni necessarie a dedicarsi a questo tipo di operazione.



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