Recensioni di :
-
Speciale Piemonte Movie gLocal Film Festival 2011 - "Vacanze di guerra", una storia dimenticataSinossi *: I primi giorni di giugno del 1940, mentre la valanga hitleriana sta mettendo a ferro a fuoco l’Europa, arrivano in Italia migliaia di bambini dai 6 ai 12 anni, ospiti delle colonie marine di proprietà della Gioventù Italiana del Littorio. Sono i figli di quei contadini che il regime aveva mandato in Libia, solo pochi mesi prima, a “colonizzare” la “quarta sponda” italiana. Motivo del loro viaggio: trascorrere una vacanza di un mese al mare, sulle ridenti spiagge di Cesenatico, Cattolica, Igea Marina.
10 giugno 1940. La radio diffonde in tutto il Paese il proclama di Mussolini che annuncia “l’ora delle decisioni irrevocabili”. L’Italia entra in guerra a fianco della Germania nazista. L’Europa è in ginocchio, Mussolini spera in una facile vittoria. La traversata di ritorno dei piccoli coloni è differita di mese in mese. Divisi in gruppi di duecentocinquanta – trecento, e trasferiti su treni speciali in diverse strutture di accoglienza, la loro traiettoria in Italia si incrocia senza sosta a quella dei destini della guerra, e in larga misura ne è determinata. Così, in un’Italia sicura dell’imminenza della vittoria, i bambini gonfieranno i piccoli petti nell’alzabandiera quotidiano sulle spiagge della riviera romagnola; ma, man mano che le nubi si addensano all’orizzonte, i loro spostamenti si faranno convulsi.Dai grandi alberghi requisiti della costa ligure (da Mentone a Bordighera) ai rilievi appenninici, fino alle cime nevose delle Alpi, la loro migrazione somiglierà sempre più ad una fuga di fronte ad una sconfitta che si profila inevitabile. Insieme a loro, a condividere quella precaria traversata dell’Italia in guerra, alcune decine di giovani istitutrici precettate dal regime: hanno diciotto, vent’anni. A loro toccherà l’ingrato compito di amministrare il piccolo esercito dei senza famiglia.Cibo e riscaldamento saranno sempre più scarsi; le fughe, sempre più numerose, fino alla dissoluzione finale, e alla dispersione dei gruppi in minuscole traiettorie individuali.
A ricongiungersi con le loro famiglie dopo la guerra saranno ormai degli uomini e delle donne. Per molti di loro, nessun ritorno sarà più possibile, o soltanto per contemplare le rovine di quelle che un tempo erano state le loro case. Il protettorato inglese di Libia si troverà nel dopoguerra con sorpresa a dover gestire quelle migliaia di richieste di rimpatrio di tipo sconosciuto, che mobiliteranno per mesi il Vaticano, la Croce Rossa Internazionale, il governo Italiano, l’alto commissariato per i rifugiati.
Fu una manovra per preservare quei giovanissimi dagli orrori della guerra che sarebbe scoppiata a pochi giorni dal loro arrivo? Oppure nessuno dei potenti dava il minimo significato al fatto che i figli sarebbero stati tagliati fuori da ogni contatto coi genitori per tutta la durata del conflitto? O non si trattava piuttosto di un paradossale calcolo politico?