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TFF31 - "Adelante Petroleros!", una terra da salvareSinossi *: Quito, 15 agosto 2013. In uno dei suoi discorsi settimanali “a reti unificate” Rafael Correa Delgado, presidente dell’Ecuador, annuncia la decisione di avviare lo sfruttamento petrolifero nel Parco Nazionale dello Yasuní, situato nel cuore della foresta pluviale ecuadoriana e ritenuto uno dei punti del pianeta a più alto indice di biodiversità.
Correa, per giustificare la scelta del suo governo, individua un responsabile ben preciso: “El Mundo nos ha fallado”, il mondo – ed in particolare la parte ricca del mondo – ci ha traditi.
Sette anni fa l‘Ecuador, forte di una nuova Costituzione che – in uno dei suoi più importanti articoli – riconosce i diritti fondamentali della Natura, aveva deciso di rinunciare allo sfruttamento dei giacimenti di petrolio che si trovano nel sottosuolo dello Yasuní e in particolare del blocco ITT (Ishpingo-Tambococha-Tiputini). L’umanità intera avrebbe beneficiato d’una tale rinuncia (lasciare l’oro nero là dove si trova significa risparmiare al pianeta l’assorbimento di almeno 400 milioni di tonnellate di CO2) e per questo motivo l’Ecuador aveva contemporaneamente avanzato, con le Nazioni Unite come interlocutore, un progetto di “compensazione”. Più esattamente: si era creato un fondo fiduciario aperto alla contribuzione di privati e soprattutto di governi, il cui obiettivo era la raccolta in 12 anni della metà dei 7 miliardi e 200 mila dollari che l’Ecuador avrebbe ricavato dallo sfruttamento dei giacimenti dello Yasuní ITT.
Lo scorso agosto Rafael Correa ha, per così dire, presentato il conto. E i numeri sono davvero desolanti. Dei 3 miliardi e 600 milioni previsti, sono al momento disponibili poco più di 13 milioni (pari allo 0,37 per cento del totale), più altri 300 milioni o giù di lì di “impegni” sottoscritti ma non versati da varie nazioni. Un ”fracaso”, un fallimento totale all’origine del quale, ha sottolineato con ostentata indignazione Correa, “es que el mundo es una gran hipocresía”. E ancora: “Il mio primo impegno” – dice Correa – “resta quello di combattere la povertà. E per combattere la povertà l’Ecuador ha bisogno, in assenza di appoggi internazionali, di mettere a frutto il suo petrolio”. Senza timore Alberto Acosta, ex ministro dell’energia e dell’industria mineraria del primo governo Correa, ammonisce: “…pensare di sfruttare lo Yasunì ITT, o meglio lo Yasunì in generale, senza provocare inquinamento, distruzione dell’ambiente e devastazione sociale, è come credere che Dracula è diventato vegetariano e che possiamo affidargli la direzione della banca del sangue”.
Ha ragione Correa? O hanno ragione le organizzazioni ambientaliste, le ong e i movimenti indigeni? Adelante Petroleros cerca di andare oltre gli slogan, svelare gli enormi interessi in gioco e dare voce ai senza voce della “selva”.