Sinossi *: Ci sono tanti modi per inquadrare un paesaggio, un volto. Ci sono tanti modi per raccontare un uomo, la sua vita, le sue passioni, il suo carattere, i suoi gesti, il suo parlare con mondo.
Narrare un uomo, la sua quotidianità, meno frequentata dalla letteratura ufficiale, attraverso tante inquadrature dei suoi “angeli” che sono stati i testimoni della sua maniera di vivere, di agire, di comportarsi come artista, nel suo mondo creativo e dintorni.
Luchino Visconti, patrimonio di un'intera umanità, gli studi, le analisi, le riflessioni che nel corso degli anni gli addetti al pensiero hanno proposto, sono stati in grado di scandagliare anche le più profonde sensibilità d'artista ma mai viste da questa insolita angolatura.
Un'opera, nel caso di Visconti, che non è solamente solitaria, come può avvenire per un romanziere o un pittore o un poeta, ma che ha una dimensione “di compagnia”, che ha bisogno dell'aiuto di tante altre persone per vedere la sua realizzazione. E' così che un film vede la luce. E cosi' che gli occhi degli angeli nascosti hanno restituito cio' che lui immaginava.
Benché Visconti non considerasse il cinema un'arte al pari di un'opera figurativa o un poema perché immuni dal condizionamento del “fatto tecnico”, sappiamo che la sua opera fu d'arte. Ma non è questo il centro gravitazionale che muove questo progetto, quanto proprio quel “fatto tecnico” che da puro vincolo materiale, spostando la prospettiva oltre la sua funzione, si incarna in materia umana concreta nei tanti collaboratori di Visconti che sono stati il tramite necessario tra l'ideazione di un'opera e la sua realizzazione. Coloro che lo hanno visto al lavoro e in pausa di lavoro, che lo hanno visto agire, parlare, che lo hanno visto attraversare gli umani stati d'animo.
Ogni testimone, un proprio modo di inquadrare Visconti, di filtrare la sua stessa luce emotiva attraverso la propria esperienza umana e culturale.
E le loro narrazioni non contribuiscono al raggiungimento di un Visconti oggettivo, nella ricerca costante di una sintesi descrittiva, quanto piuttosto a un vivere Visconti attraverso il racconto di un fatto, di un aneddoto, di un contrasto e della sua risoluzione, di un'abitudine, di un “modo”, che ce lo restituiscano per un momento nel suo muoversi tra i compagni di lavoro, come artista e come uomo. Uno squarcio emotivo dunque, alla ricerca di quei ricordi che non attraversano la letteratura cinematografica, forse perché considerati ininfluenti sull'analisi o privi della dignità di racconti “memorabili”.
Uno sguardo “altro” sull'uomo, anzi, gli sguardi di quel “fatto tecnico” che dicono, naturalmente, anche di questioni prettamente professionali, ma che si concentrano sulla vita da ciurma che naviga nelle avventurose acque di quel “lavoro artigianale” del cinema, guidata dal suo nocchiero, del quale magari “sparlano”, che però riesce ad ottenere, con l'autorevolezza e la consapevolezza dell'approdo, risultati mirabili.