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- LA LIBERTÀ NON DEVE MORIRE IN MARE - Dal 28 in sala


Sinossi *:
Si parla spesso di immigrazione in termini di cifre: il computo statistico dei vivi e dei morti. Chi ce l’ha fatta e chi no da questa parte di mare. Ma dietro l’asetticità dei calcoli restano le storie, le vite, i sogni spezzati e altri ancora da inseguire, che nessun giornale al mondo racconterà mai fino in fondo e come si deve. Si parla e si scrive tanto di immigrati: se ne parla nelle televisioni e se ne scrive sugli organi di stampa. Aldilà dell’abuso tematico – e delle sue ricadute sul sociale – vogliamo continuare a pensare ai vissuti che stanno dietro le facce spaurite e le braccia tese delle foto sugli schermi e sui giornali. Vogliamo pensare alle lacrime e ai sorrisi, alla speranza e alla paura delle persone migranti, spogliati dallo status di oggetto di cronaca. “La libertà non deve morire in mare” nasce, in qualche modo, da questo pensiero. Dalla volontà di restituire voce a chi, sin qui, non l’ha mai avuta o ne ha avuta poca. Con questo docu-film andiamo alla ricerca di facce e voci denudate anche dalle esigenze delle fiction cinematografiche.L’intento dl “La libertà non deve morire in mare” è documentaristico.

Nel senso più spoglio, verista, autentico che si riesce ad assegnare a questo termine. Davanti le telecamere ci sono persone che parlano e dicono ciò che vogliono dire. Persone che sono fuggite da qualcuno o qualcosa ed altre che – per mestiere, caso, carità cristiana, scelta politica – le hanno accolte. Le storie che ascolterete in questo docu-film sono storie di vita vera.Non distolgono lo sguardo dalla tragedia ma nemmeno, ci piace pensare, dalle occasioni di speranza che allignano, in ogni caso, dietro il tema aperto e percepito della migrazione.

Unico espediente strappato al realismo della presa diretta è quello della voce narrante, assunta come espediente di raccordo, voce tra le voci, espressione interiore, riflessione collettiva sull’argomento.

“La libertà non deve morire in mare”, tuttavia, non commenta, non imbocca lo spettatore, non scade nella retorica e nemmeno ha la pretesa di fornire precetti. Vuole essere, cioè, una parola fra le tante espresse, sbandierate, abusate, sul tema. Certo non l’ultima, quella più veritiera, almeno ci piace credere. Il concetto di verità è coniugabile giocoforza con di libertà. La libertà di migrare che è anche, soprattutto, libertà di vivere. Non c’è guerra, razzismo, paura, ragione al mondo, che possano giustificare il fatto che possano morire in mare.

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