Sinossi *:
Il riparo naturale che da secoli attrae i naviganti, fra Monte Pellegrino e Capo Zafferano, conserva le tracce di tutta la sua lunga storia. È Palermo, città di mare e di contraddizioni, dove il bello vive e fiorisce accanto al degrado, nei palazzi, nelle strade come tra la gente.
In questa Palermo dei quartieri popolari è nato quarantatré anni fa Totò, un ragazzino di famiglia semplice, che ha avuto dalla sorte un regalo speciale: il talento nel giocare a pallone.
Dalle partite in strada, o nella piazza del Teatro Massimo, il piccolo Totò è arrivato allo sport “dei grandi”, al Messina, alla Juventus e infine alla Nazionale.
Italia ’90 è stata la rivalsa di un ragazzino del CEP e di tutta la Palermo che crede nel talento individuale, nella serietà e nel lavoro duro.
Cosa resta, dopo tanti anni, dell’esperienza di Totò Schillaci?
La risposta è ciò che Schillaci stesso ha creato, e cioè una scuola di calcio nella sua città.
Di più: una scuola di calcio che vive in quegli stessi campetti dove lui giocava da ragazzino, e imparava per la prima volta a credere nelle proprie potenzialità.
Un ritorno alle radici, insomma, per chi crede fermamente che il calcio, e più in generale lo sport, può fare una vera differenza nella fase critica tra infanzia e adolescenza, quando un giovane rischia di fare scelte sbagliate di cui potrebbe pentirsi.
Tutto lo staff della Scuola Calcio Totò Schillaci, all’interno del centro Sportivo Luis Ribolla, si impegna su alcuni obiettivi: fare sì che la formazione dei giovani sia una formazione completa (“…noi non vogliamo formare il campione, ma l’uomo”), che non venga, di conseguenza, trascurato l’ impegno scolastico; senza contare che i ragazzini che arrivano alla scuola devono, anzitutto, divertirsi, prima ancora di pensare a diventare dei campioni.
E qui si inserisce un altro tema molto caro agli allenatori della scuola: la formazione dei ragazzi è importante, indipendentemente da ciò che andranno a fare un giorno; chi cresce su questi campetti di sicuro un domani non andrà allo stadio per distruggere tutto e fare a botte, ma per vedere una partita di calcio.
Ma Totò Schillaci, nato al Capo e cresciuto al Cep, non poteva dimenticarsi delle sue origini , anche sotto un altro aspetto. E cioè: se un ragazzino ha talento, ma la famiglia non può sobbarcarsi l’onere di una retta, è la scuola stessa a provvedere, in modo che il calcio sia, appunto, un’occasione di riscatto.
È questo lo spirito di Schillaci, cresciuto in mezzo alla gente, che a questa gente e alla sua città, oltre che all’appoggio della sua famiglia, sente di dovere tutto ciò che è diventato.

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