Sinossi *:
Il documentario indagherà in che modo il global warming stia condizionando e provocando un cambiamento culturale nello stile di vita delle popolazioni Inuit nell’Artico Canadese e in particolare nella zona del Nunavik. L’Artico è infatti insieme all’Antartico la regione che ha subito il maggior incremento delle temperature medie. Negli ultimi 50 anni, ad esempio, in Canada e in Alaska le temperature invernali sono cresciute di 3-4 gradi. Questi cambiamenti climatici, hanno causato alcune importanti modificazioni dell’ambiente naturale che ha provocato ripercussioni anche nelle abitudini e nella vita quotidiana di queste fragili comunità.
Gli Inuit hanno sviluppato, nel corso dei secoli, un rapporto simbiotico con la natura che li circonda creando una cultura che ne coniuga l’utilizzo al profondo rispetto. Ma non potendo ovviamente essere impermeabili agli epocali cambiamenti che sta subendo l’ambiente in cui vivono, le popolazioni indigene dell’Artico stanno attraversando una profonda crisi di identità: “Un giorno o l’altro, non ci sarà più neve.
Quel giorno non saremo più Inuit” . (Simon Kohlmeister, cacciatore Inuit).
La crisi culturale e di identità degli Inuit, le difficoltà nella caccia, e nelle altre attività tradizionali e quotidiane, la progressiva dipendenza economica dal potere politico centrale, sono alcuni dei percorsi del documentario. Grazie a testimonianze e a interviste il documentario cercherà di tracciare uno scenario completo e esauriente che avrà come sfondo il grande nord e come protagonista una popolazione messa in crisi dall’avanzare senza remore della cosiddetta civiltà moderna.
Il documentario si propone di rappresentare un quadro della vita attuale delle popolazioni Inuit attraverso le storie quotidiane di alcuni abitanti del villaggio di Kangiksujuaq, nella regione del Nunavik, nell’artico Canadese. 9 differenti istantanee dell’artico sia in inverno che in estate. Abbiamo voluto, nella costruzione, farci suggestionare dal film di Altman “America Oggi”. Il taglio quindi non sarà da documentario ortodosso e la narrazione sarà quasi invisibile. Un bambino del posto (VOICE OVER) introduce protagonisti. Noi li seguiamo nelle loro attività: caccia, pesca, raccolta cozze, costruzione di igloo. Le storie sono interconnesse tra loro direttamente o raccordate in modo naturale dalla radio o dal canto delle Throat singers. Lasciamo esclusivamente la parola agli Inuit. La scelta non è ideologica ma strategica, perché le popolazioni artiche hanno un punto di osservazione privilegiato sui cambiamenti climatici dato che le loro attività sono intimamente interconnesse all’ambiente. Quindi le loro testimonianze ci sono sembrate autosufficienti e ogni mediazione ulteriore (interviste a esperti / narratore tradizionale) ci è sembrata superflua.



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