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Note di regia del film "Le Ferie di Licu"


Note di regia del film
Una scena del documentario "Le Ferie di Licu"
All’ inizio mi ero “introdotto” nella comunità bengalese di Roma perché intendevo fare delle indagini su certi aspetti schizofrenici dell’integrazione, poi mi sono imbattuto in un individuo, Licu, che mi sembrava proporre emblematicamente nella propria vicenda e personalità questa schizofrenia: da un lato una voglia potente di bruciare le tappe della sua occidentalizzazione, dall’altro un ancoraggio profondo alla sua tradizione.
Ad un tratto, mentre io ero convinto di essere al lavoro su una storia sociale di sfruttamento, sopravvivenza stentata, diritti negati, arriva una lettera dal Bangladesh, spedita dalla madre di Licu che abita in un villaggio rurale. Dentro la busta due foto di una ragazza diciottenne: era la moglie che la famiglia aveva scelto per Licu, senza che lui la conoscesse o la scegliesse.
Quelle foto erano tutto ciò che Licu sapeva di lei, eppure aveva già preso un mese di ferie con l’intenzione di andare in Bangladesh e sposarla, consapevole che non avrebbe avuto l’opportunità di conoscerla meglio. Gli ho chiesto se potevo seguirlo con una troupe e Licu mi ha detto sì.
Per tutte e quattro le settimane sono stato vicino a lui, lungo tutte le complicazioni che i negoziati tra le due famiglie hanno prodotto, fino a quando il matrimonio con Fancy sembrava definitivamente saltato e poi durante la ricerca di una sostituta fino al compimento delle nozze.
La mia abitudine occidentale a considerare il matrimonio frutto dell’amore romantico e la consuetudine a frequentare Licu in Italia mi faceva guardare con incredulità al fatto che ogni decisione presa tenesse conto di motivi di ogni genere fuorché i sentimenti dei due sposi. Lo stesso Licu non sembrava domandarsi nulla sui desideri propri o di Fancy. Lentamente ho osservato la sua figura divenire sempre meno protagonista di una vicenda che vedeva sempre più in primo piano la madre, le sorelle, la nonna della sposa, lo zio… e al centro dei dibattiti interessi materiali o preoccupazioni logistiche. Licu e ancora di più Fancy mi sono sembrati ogni giorno più chiaramente delle vittime via via che la violenza del meccanismo della contrattazione si faceva più stringente. Tuttavia mi sono sforzato di evitare che la soggettiva angolazione del mio sguardo diventasse immediatamente un giudizio su quanto stava accadendo intorno a me; volevo che si rivelasse esclusivamente attraverso l’attenzione a certi dettagli, a certi silenzi, a certi sguardi. Ho cercato di far emergere gli stessi interrogativi che per me diventavano urgenti, lasciando aperta alla sensibilità dello spettatore la possibilità di confrontarsi liberamente con le contraddizioni del protagonista - sospeso tra due mondi e due universi di valori - e della storia - attraversata dalla sorprendente evoluzione degli accadimenti, ma anche dalla loro violenza sotterranea-.
Ora Fancy (che nei suoi 18 anni di vita non è mai stata fuori dal suo Paese) ha raggiunto Licu in Italia: lui è il suo unico punto di riferimento, l’unico su cui può contare, eppure è una persona quasi sconosciuta. Il loro destino è imparare a conoscersi e se possibile ad amarsi. Eppure molti ostacoli sembrano mostrarsi sul loro cammino. Per Fancy essere in una città bellissima come Roma o essere in un villaggio sperduto in mezzo al nulla è quasi la stessa cosa, poiché vive in pochi metri quadrati (la sua stanza) e non ha il permesso di uscire se non con Licu. Licu, per sopravvivere, deve fare più lavori e spesso torna a casa stremato oppure decide di restare fuori. Questa solitudine prolungata rende acuta per Fancy la nostalgia del Bangladesh, della famiglia e del suo mondo di affetti. Licu è geloso, di una gelosia esasperata che lo porta a non farle frequentare la scuola di italiano per timore che possa legarsi a qualche altro studente e di fatto ad impedirle di avere persino delle amiche. Per Fancy significa non avere strumenti per comunicare con il mondo esterno.
Io mi sforzo di osservare le loro scelte senza giudicare con il metro della mia cultura, sapendo bene che tutta l’educazione che Fancy ha ricevuto la deve aver preparata ad un rapporto di obbedienza verso suo marito e so che in qualche modo questi due individui che altri hanno deciso dovessero essere una coppia potrebbero un giorno trovare un punto di equilibrio e forse realizzare una forma di felicità, eppure non posso fare a meno di interrogarmi sul rapporto tra libertà e desiderio.

Vittorio Moroni