Note di regia del documentario "Madri"
Il dolore e’ universale, parla la stessa lingua in tutte le nazioni del mondo.
Ho incontrato le madri di due popoli separati da un muro fisico e mentale ma resi fratelli dallo stesso dolore.
Sono entrata nelle case che un tempo erano luoghi di vita e gioia in cui oggi rimbomba lo straziante vuoto di camerette cristallizzate in un ordine innaturale e di zaini che nessuno porterà più a scuola.
Ho cercato di lasciare spazio alle parole, non volevo interviste, volevo che le protagoniste raccontassero alla macchina da presa il loro sentimento e la loro disperazione, senza imbrigliarle in uno storyboard troppo riduttivo. Il progetto del film era di starle ad ascoltare. Girare in digitale permette di accendere la telecamera e quasi dimenticarsene, c’è il tempo per conoscersi e se si è onesti si riceve molto.
Ogni pianificazione e modello organizzativo tradizionale qui risulta inadeguato. Ho girato il film accompagnata soltanto dalla mia organizzatrice. Le difficoltà pratiche negli spostamenti in territorio occupato, il dover lavorare a causa di ciò con tre troupe diverse in un’area grande poco più del Lazio, e gli estenuanti controlli ai checkpoint, fino ad arrivare all’arresto del mio operatore palestinese, mi hanno portato inizialmente a voler fare di queste difficoltà un elemento rilevante del film. Durante il montaggio ho deciso invece di non togliere spazio a quei racconti che ancora oggi a distanza di mesi conservano la stessa tragica forza della prima volta che li ho ascoltati.
Barbara Cupisti