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"Generazione Mille Euro": il ritratto delle
nuove generazioni di Massimo Venier


Generazione Mille Euro”, anche se per diversi aspetti già visto, è un film decisamente piacevole, divertente prima di tutto ma poi anche capace di mettere in scena una riflessione tutt’altro che scontata. Quindi un’opera intelligente ed a tratti illuminante.


Massimo Venier è al suo settimo lungometraggio; ha esordito come autore televisivo per la Gialappa’s Band e poi, per molto tempo per il cinema, è rimasto in un certo modo nello stesso ambito. Per Aldo, Giovanni e Giacomo ha codiretto infatti (insieme agli stessi) quattro film, quindi è stato promosso regista unico per “Tu la Conosci Claudia”. Abbandonato il trio è passato al duo per “Mi Fido di Te”, lungometraggio che ha appunto per protagonisti i comici Ale e Franz.
Lasciato, almeno per il momento, il circuito degli umoristi del piccolo schermo che decidono di dedicarsi al cinema, il regista originario di Varese approda a quello che si può molto probabilmente definire il suo lavoro più personale ed indipendente. “Generazione Mille Euro”, il suo nuovo film uscito venerdì 24 aprile, è stato presentato martedì scorso alla Multisala Adriano di Roma; alla conferenza stampa successiva alla proiezione del film, oltre al regista erano presenti tutti gli interpreti protagonisti, la sceneggiatrice, i produttori ed i responsabili di Rai Cinema. Il film è liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Antonio Incorvaia e Alessandro Rimassa.

Il problema del precariato non mi è simpatico e ancora meno la parola che lo richiama dal momento che omologa il problema che è anzi ricco di sfaccettature e che per questo motivo merita attenzione”, ha precisato Massimo Venier di fronte al pubblico di giornalisti intervenuti. “I giovani di oggi, più che subirlo lo danno per scontato e cercano di navigarci dentro come meglio possono. Ho deciso di non affrontare il problema da un punto di vista sociale e politico ma anzi di mettere in scena questa storia con le corde del sarcasmo che sono quelle che so suonare meglio”.

Il nostro interesse”, ha precisato la sceneggiatrice Federica Pontremoli, “era quella di raccontare come la situazione sociale di oggi condiziona la vita di un ragazzo costretto a viverla. Rispetto al romanzo, nel redigere il copione, ci siamo mossi piuttosto liberamente appunto, delineando storie che fossero rintracciabili nel libro ma non direttamente specifiche dello stesso. Più che il fenomeno del precariato abbiamo messo in primo piano scrivendo le reazioni dei protagonisti della vicenda al problema in questione che li affligge e condiziona la loro esistenza".

Generazione Mille Euro” è sicuramente piacevole perché divertente e fresco, scanzonato ed ispirato anche quando è un po’ baraccone e sopra le righe. Gli interpreti sono tutti in parte, a cominciare da Alessandro Tiberi che si è fatto già notare, in un ruolo simile a quello in cui è qui impegnato, nel secondo film di Stefano ChiantiniL’Amore Non Basta” in cui era protagonista insieme a Giovanna Mezzogiorno. Oltre alle bellissime e sempre più brave Carolina Crescentini e Valentina Lodovini, è da ricordare il simpaticissimo Francesco Mandelli, già notato in “Manuele d’Amore” nell’episodio che ha per protagonista Silvio Muccino e Jasmine Trinca, e Francesco Brandi, molto celebrato dai colleghi alla conferenza stampa.

Il film di Massimo Venier è apprezzabile anche in quanto credibile ritratto della nostra generazione, generazione di sopravissuti all’ultimo euro che però non demordono e sanno guardarsi dentro al prezzo di rimanere sé stessi sino in fondo, generazione perduta che però non ha perso la speranza ed ancora riesce a fare valere il proprio talento senza perdere il gusto dell’autocritica. In più Venier riesce a portare all’attenzione, grazie al personaggio interpretato da Paolo Villaggio, un tipo di riflessione esistenziale per niente scontata ed anzi a tratti illuminante. Certo il film risulta già visto in diversi aspetti ed il finale, pur tutt’altro che banale, è prevedibile, ma “Generazione Mille Euro” rimane senza dubbio una visione che fa bene perché diverte, a tratti davvero molto, e poi riporta a contatto con una realtà con la quale un giorno, forse, potrebbe valere la pena riappacificarsi; lo dice proprio il sorriso del protagonista subito prima dell’irrompere dei titoli di coda.

27/04/2009, 17:48

Giovanni Galletta