Note di regia del documentario "Tracce"
C’era – nell’uomo, prima che nell’artista – qualcosa che andava ben oltre una pur notevole empatia: dovevo raccontare dell’impossibilità di essere altro, di una diversità fisiologica, sacrosanta, di quel filo che legava il passato, le sue opere, il mio quotidiano, questa pioggia sui tetti, di una assenza di disciplina come consequenzialità di uno struggente amore per la vita.
In definitiva, raccontare di un’attitudine.
(…) Fioravanti novello Ulisse (…). Un Ulisse canuto e bambinesco insieme, tenero e furente, dai giochi di creta e di colori. Un uomo – questo giocattolo d’ossa – con i suoi alibi, i suoi profili che si confondono, avvezzo a quella mezza verità che è il tempo. Un Ulisse scarnificato e sghembo, familiare da dare vertigine: l’essere vicini a sentirsi chiamare per nome. Noi, una delle innumerevoli, possibili “realtà”.
Vincenzo Fattorusso; da una lettera privata a Ilario Fioravanti