Alessandro Tiberi: "Grazie a Boris tanti stagisti
precari potranno provare ad alzare la voce"
In “Boris”, come già in “Generazione Mille Euro” di Massimo Venier, interpreti il giovane precario costretto a vivere in condizioni improbabili per arrivare a fine mese, dovendo spesso abbassarsi a fare cose che mai avrebbe immaginato. E' una condizione che ti è capitato di vivere o il tuo inizio di carriera è stato migliore?
Alessandro Tiberi: E' stato diverso per via dei ruoli che avevo. A inizio carriera, quindi fino a qualche giorno fa, interpretavo solo piccoli ruoli e con l'Alessandro di “Boris” c'era in comune il fatto di essere un'ombra che non si filava nessuno, né nel bene né nel male. Non eri uno stagista schiavo e quindi non potevano prendersela con te, ma non eri neanche il protagonista. Eri un nulla, ma avevi un punto di vista quasi privilegiato perché in quel caso puoi guardarti intorno, farti due calcoli e apprendere ciò che ti interessa con uno sguardo da “non visto”.
I veri protagonisti di “Boris” sono “Alessandro” e “Renè”, paradossalmente interpretati da due doppiatori, prima ancora che attori. Con Pannofino avevi già condiviso diverse esperienze in studio di doppiaggio, vero?
Alessandro Tiberi: Assolutamente sì e poi Francesco è stato il primo collega di doppiaggio a vedermi nel mio esordio a teatro e a darmi un consiglio utilissimo su come utilizzare le mani. Dopo avermi visto in scena ha detto una cosa alla “Renè” cioè “sai che ce devi fa co' ste mani? Tiettele in tasca!”. Fu un consiglio detto in maniera paterna da un attore straordinario e dal doppiatore forse più bravo in circolazione.
Nella seconda serie hai avuto a che fare con Corrado Guzzanti, forse la più grande scheggia impazzita del mondo dello spettacolo italiano e nel corso di tutta l'avventura di “Boris” hai avuto al fianco la sorella Caterina. E' complicato stare dietro a loro due?
Alessandro Tiberi: Credo che oggi Guzzanti rappresenti il meglio della comicità italiana, un vero patrimonio nazionale. La mia generazione è cresciuta con la sua satira, con il modo di raccontare questo Paese balordo e spesso grottesco, attraverso la sua classe incredibile. Le scene della seconda serie, girate accanto a lui, spero di farle vedere ai miei nipotini, saranno il mio testamento per loro. Poi non so cosa davano da mangiare in quella famiglia perchè hanno tutti una creatività e un sapersi rapportare agli altri che è bellissimo. Sono molto riservati, è il loro modo di porsi abituale, poi però ad un certo punto esplodono e in questo sono davvero fratelli.
Pensandoci bene, su quel set deve avere regnato la confusione tra il vero cast tecnico e quello “finto”. Come hanno vissuto loro stessi questa realtà e soprattutto, c'è stato un malcapitato stagista?
Alessandro Tiberi: Gli stagisti c'erano fin dalla prima serie e sono stati battezzati sul set con dei soprannomi. In “Boris” regnava un'allegra anarchia caciarona e all'inizio era difficile anche per noi destreggiarsi, perché non sapevi dove fosse il limite di campo del set, e in realtà era tutto un set. Quando veniva qualche attore nuovo e si trovava davanti a questo problema, noi eravamo i primi a divertirci. Io mi presentavo dicendo “ciao sono merda” o “ciao sono lo schiavo” e in questo è sempre stato un gioco. Noi attori ci trovavamo come davanti a degli specchi e abbiamo cercato di rubare dal vero cast tecnico la gestualità. Ad esempio il “Biascica” di Paolo Calabresi è palesemente un mix di veri personaggi che nel tempo ha assimilato nella sua carriera.
Hai parlato di attori che nel tempo si sono aggiunti nel cast, ma ci sono stati diversi "cameo" d'autore, penso a Roberto Herlitzka, Paolo Sorrentino o - nel film - Nicola Piovani. Come si presentavano su quel set?
Alessandro Tiberi: La maggior parte di loro erano prima di tutto spettatori di “Boris” e secondo me venivano per curiosare e vedere cosa succedeva su quel set. Quando arrivavano, conoscevano già tutto. Nicola Piovani per il film ha prestato addirittura il suo premio Oscar vinto per “La vita è bella” portandolo da casa, un grande gesto d'amore e stima. Poi ricordo che nella prima serie, quando venne Herlitzka c'era l'attesa che si ha per un vero mostro sacro, ma che poi passa quando capisci che più sono grandi e più sono semplici. In pausa pranzo Herlitzka mangiava un panino al prosciutto ed era uno spettacolo inaspettato, perché magari immagini che professionisti di quello spessore sia più esigenti.
Sii sincero, se ti avessero chiesto ad inizio serie di giocarti 100 € che alcune clip di “Boris” avrebbero superato le centomila visite su Youtube, lo avresti fatto?
Alessandro Tiberi: Me li sarei giocati per scaramanzia, ma a fondo perduto perché in verità nessuno di noi ci credeva né poteva immaginare questo successo. Tuttora ci stupiamo per quello che abbiamo creato tutti insieme.
Si dice in giro che nei momenti di pausa vi ritrovavate per giocare a calcetto e che Sermonti, con trascorsi nel settore giovanile della Juventus, offriva vero spettacolo. La realtà ha superato la finzione?
Alessandro Tiberi: Non solo a calcio, giocavamo a pallacanestro e in tutti i modi abbiamo cercato di portare un tavolo da ping pong, ma la produzione non ce l'ha concesso. E' tutto vero, in pausa pranzo giocavamo regolarmente, anche se detto così poi sembra che non facevamo un cazzo, ma si lavorava tanto e quello serviva a scaricare un po' di tensione. Sermonti faceva regolarmente i suoi show, e la mattina portava anche delle torte, ma del resto la sua vita è un continuo mostrarsi. E' di una simpatia irresistibile e addirittura dice in giro che per sua fortuna la carriera artistica ha preso una strada diversa, perché c'era il pericolo che potesse diventare un potenziale “Stanis” in giro per il mondo.
Dopo tre serie televisive ed un film, cosa ti lascerà umanamente il personaggio di “Alessandro”?
Alessandro Tiberi: Ciò che è successo il giorno della conferenza stampa, con i giovani stagisti che il prossimo 9 aprile manifesteranno a Roma contro il precariato, utilizzando frasi di “Boris” come slogan per alzare un po' la voce, rimane impagabile. Quello fa parte delle cose che non puoi mettere in conto e quando accadono vuol dire che hai fatto il tuo mestiere bene e sei arrivato al cuore del problema e delle persone. Sono davvero contento che “Boris” possa davvero servire a qualcosa del genere, ci hanno fatto capre che è stata una piccola scintilla e tutto questo non me lo scorderò mai.
Ma il sogno è davvero finito? Non saremo mai destinati a vedere compiuto il “Machiavelli” di Ferretti?
Alessandro Tiberi: Da quello che so io il cerchio si è chiuso. Poi non so se si inventeranno qualcosa, ma per ora sembra giustamente finita, dopo tre serie ed un film che è tanta roba. Tutti ci chiedono una quarta serie, un sequel o un prequel, ma chi lo sa cosa succederà in quelle tre teste malate di Luca Vendruscolo, Mattia Torre e Giacomo Ciarrapico.
01/04/2011, 14:36
Antonio Capellupo