Vincenzo Mineo rende omaggio a Vittorio De Seta
DIARIO. SU UN MAESTRO
Roma, 29/11/2011
Caro Diario,
ieri è morto Vittorio De Seta. Vittorio De Seta è vivo! Vivrà sempre, come il Cinema. Il suo Cinema è quello con la “C” maiuscola, è Archetipo, è Mito, è il Big Bang. Solo ora, ripensando alla sua Opera (scusa, non riesco a smettere con le maiuscole), mi rendo conto di aver sempre provato a imitarla.
La mia breve “filmografia” (adesso posso iniziare con le minuscole), così frivola, forse utile solo a me stesso, è iniziata con un video girato a bordo di un peschereccio, il Santa Maria, di proprietà di mio zio (Santa Maria 1998, Pescherecci 1958), è proseguita poi con un video sull'antica e oramai irrimediabilmente perduta pesca tradizionale del tonno, la “mattanza” di Favignana (Shalòm 2000, Lu tempu di li pisci spata 1954), per pochi minuti ho osservato e filmato “Vulcano”, un homeless a Roma, così chiamato per il suo volto annerito dal fumo del fuoco sempre acceso davanti a lui, un volto antico, che tanto mi faceva pensare ai minatori di De Seta (Tang.Est 2002, Surfarara 1955).
E ancora un video sulla processione dei Misteri di Trapani che ripensa a “Pasqua in Sicilia”, il cortometraggio “Mare Nostro”, che racconta l’incontro tra un pescatore e un extracomunitario appena naufragato, girato un anno dopo il suo “Lettere dal Sahara”, “Cargo”, il documentario che ho girato a bordo di una petroliera, quasi mi illudo possa assomigliare ad una versione moderna di “Contadini del mare”, il mio prossimo progetto di un documentario sulla scuola di Marettimo (Diario di un maestro).
Caro Diario, solo ora mi rendo conto di tutto questo? La memoria, o meglio la sua perdita, le Isole, gli “isolamenti”, fino alla desertificazione (I dimenticati, Articolo 23).
L’Opera di De Seta si impressiona indelebilmente nell’incoscio, le sue immagini sono il grado zero, un autore che osserva la realtà con la sua videocamera per la “prima volta” non dovrebbe mai prescindere da De Seta, dovrebbe essere la sua primordiale memoria culturale. Lo sguardo, che insegue la realtà senza mai rinunciare alla bellezza, e l’etica, l’urgenza di non separare mai la conoscenza dal racconto, sono i princìpi sui quali si dovrebbe basare il lavoro di ogni autore che vuole fare cinema. E’ la “lectio magistralis” del Maestro, e oggi vale più che mai.
Per Scorsese De Seta era “un antropologo che si esprimeva con la voce di un poeta”. Ebbene, mi pare esattamente la definizione che lo stesso Scorsese avrebbe voluto dare a sè stesso, e all’inizio della sua carriera c’era quasi riuscito. Un antropologo che si esprimeva con la voce di un poeta, chi come De Seta lo è stato ha scritto le pagine più belle del Cinema (ancora con la “C” maiuscola). Chi è in grado di farlo oggi con la stessa potenza visiva, con la stessa purezza di sguardo? Solo due nomi mi vengono in mente, Malick, Dardenne...
Caro Diario, un paio di anni fa mi è capitato di visitare Orgosolo, volevo vedere il paese del capolavoro di De Seta. I muri del paese, delle case, sono ricoperti da murales, grandi illustrazioni che raccontano le storie di cui non si vuole perdere memoria, di banditismo, di rivoluzioni, di riscatto dalla miseria, di uomini. Sembrano un enorme “storyboard” di uno straordinario film non girato, sembrano le tavole dei “cuntisti”, quelle a cui si ispiravano i cantastorie di una volta. Secondo me sono il più grande omaggio che si possa fare a Vittorio De Seta. Il suo “Banditi a Orgosolo” è l’esempio di “cunto” più importante della storia del cinema.
E adesso scusami se ti lascio così, ho una crisi di astinenza, devo correre a rivederlo.
Vincenzo Mineo
29/11/2011, 18:37