Jasmine Trinca e Carlo Cecchi in "Miele"
È una bella sorpresa il debutto alla regia in un lungometraggio di
Valeria Golino. L'attrice ha assorbito il meglio dei registi con cui ha lavorato, specie in America, riuscendo ad essere rigorosa e asciutta, mai didascalica o ridondante, affrontando poi un tema difficile come quello dell'eutanasia.
Tratto dal romanzo "
A nome tuo" di
Mauro Covacich (inizialmente pubblicato come "Vi Perdono" con lo pseudonimo di Angela Del Fabbro), "
Miele" non è soltanto un racconto dal punto di vista morale, ma una riflessione sulla morte e sugli effetti che questa, in ogni forma, ha sulle nostre vite.
Irene (detta Miele) ha perso la madre ancora giovane e cerca di accettarlo aiutando chi ha bisogno a staccare la spina. Forse proprio spedendo dolcemente nell'aldilà i suoi "clienti", prova a vendicarsi di quella perdita subita di cui ancora non è riuscita a farsi una ragione. Sarà l'incontro con qualcuno che arriva a piacerle, e che non considera in modo così drammatico la morte, che la farà riflettere fino a comprendere il senso della sua vita e delle sue azioni.
Carlo Cecchi, nel ruolo del vecchio ingegnere aspirante suicida, è magistrale, di una naturalezza che solo i grandissimi attori riescono a mostrare sullo schermo, anche interpretando un personaggio non facile. La protagonista Miele è
Jasmine Trinca, ermetica e indurita sia dalla morte della madre sia dal segreto mestiere che ha scelto, significativa nella sua espressività limitata.
Valeria Golino riesce a cogliere nel segno facendo notare anche che non basta essere donne, o giovani, o marziani per essere un "nuovo" regista. Si può essere tutto o nulla ma è indispensabile avere
motivazioni e talento. E lei dimostra di avere tutto ciò che serve.
29/04/2013, 17:16
Stefano Amadio