IL CAPITALE UMANO - I vizi della ricca Lombardia
Paolo Virzì esce dalla commedia ed entra nel dramma borghese, sociale e d'attualità. Usando il genere giallo/thriller come meccanismo strutturale e non tematico, ne "
Il Capitale Umano" mette in scena tre storie che si incrociano fitte ma che vengono raccontate in successione, mostrando punti di vista e dettagli che arricchiscono la vicenda. Se da un punto di vista un evento può apparire secondario o solo coreografico, da un'altro si arricchisce di una verità (o falsità) che ci mostra come le cose vadano viste da vicino per poter essere valutate.
In una vicenda ambientata nella ricca Lombardia, in cui si incrociano i tre livelli della borghesia italiana, piccola, media e alta, è chiaro quanto sia impossibile arrivare a una fusione, con il denaro che riesce a dividere quanto mai. La famiglia Bernaschi è super ricca e ostenta le sue fortune ottenute attraverso l'alta finanza; ci entriamo attraverso gli occhi di Carla (
Valeria Bruni Tedeschi), moglie di Giovanni (
Fabrizio Gifuni) e madre di Massimiliano (
Guglielmo Pinelli). L'attrice indovina il suo personaggio, a differenza che nel suo film "Un castello in Italia", perché Virzì le toglie quell'insopportabile tocco aristocratico, lasciandola sola con il suo insulso carattere da ricca borghese: più soldi, meno tono e un personaggio che funziona nella sua inettitudine.
Poi c'è la famiglia Ossola, con
Fabrizio Bentivoglio che interpreta Dino, agente immobiliare con compagna (
Valeria Golino) e figlia di prima moglie Serena (
Matilde Gioli). I suoi occhi vedono i Bernaschi e sognano una ricchezza facile che lo porterà sull'orlo del baratro. Serena è il veicolo della terza storia. Il suo fidanzamento con Massimiliano fa incrociare le due realtà, alta e media borghesia, senza in realtà sconvolgere nulla ma dimostrando l'impossibilità di ogni possibile incrocio. Serena incontrerà Luca (
Giovanni Anzaldo), un ragazzo disadattato con il quale riuscirà invece a creare un rapporto importante.
Paolo Virzì, dopo l'insopportabile romanità di "
Caterina va in città", coglie e mostra con precisione gli aspetti peggiori del ricco nord, riuscendo a utilizzare al meglio il cast a disposizione;
Fabrizio Gifuni e Fabrizio Bentivoglio offrono ottime interpretazioni, accompagnati sia da
Valeria Bruni Tedeschi, sia dai comprimari come
Gigio Alberti e
Bebo Storti.
Il finale "corretto", giusto e inevitabile per tutti i personaggi, lascia una sorta di amaro in bocca, suggerendo però come sia sempre più difficile raccontare in commedia, ridendone, i vizi, i difetti e le debolezze degli italiani. Forse per questo Virzì ha scelto, ottenendo un ottimo risultato, un altro genere.
19/12/2013, 17:59
Stefano Amadio