IO, ARLECCHINO - Viva il teatro, abbasso la tv!
Malgrado abbia dichiarato apertamente di fare l'attore per caso,
Giorgio Pasotti non passa ma rilancia. Il debutto alla regia è uno step che molti attori italiani, osannati dal pubblico televisivo, un po' meno da quello pagante del cinema, hanno deciso di compiere portando sullo schermo la propria esperienza e l'esigenza di dire qualcosa di nuovo e originale.
Giorgio Pasotti è, di "
Io, Arlecchino" protagonista e regista, insieme al giovane
Matteo Bini, autore anche della sceneggiatura con
Maurice Caldera; e come spesso accade è proprio da lì che cominciano i problemi che porteranno alla realizzazione di un film come questo.
I dialoghi, nei quali tutti si chiamano insistentemente per nome (anche al telefono, anche se sono soli su una montagna...) appaiono didascalici e ripetitivi, più adatti per un pubblico televisivo che per chi ha sborsato 8 euro alla cassa. E in un film chiaramente critico verso la tv commerciale, i suoi personaggi e i suoi meccanismi, e aperto alla grande tradizione teatrale italiana, non si riesce a concepire il senso dell'operazione. Brutta la tv, bello il teatro, e sai come te lo racconto? Con una fiction...
I dialoghi non aiutano i personaggi, già così poco probabili che sembrano più che delle macchiette della realtà (vedi il produttore televisivo Dario), delle brutte copie di personaggi visti in tv, cioè pensati e scritti avendo come modello non la vita vera (probabilmente poco frequentata) ma il mondo immaginario di una finzione televisiva di quarta categoria scritta non certo da
David Mamet. Tutti i personaggi, dal protagonista conduttore tv di successo Paolo (
Giorgio Pasotti) al padre di lui Giovanni, storico interprete di Arlecchino (
Roberto Herlitzka) sembrano ispirati ad altri sceneggiati tv, smussati e levigati quanto basta per essere digeriti dal pubblico meno attento, distratto dalla telefonata della nipote o dalla suoneria del forno. Qui in mezzo
Valeria Bilello è Cristina e sin dalla prima inquadratura si sa, come se sotto al suo volto fosse apparsa una didascalia, che finirà per avere una storia con Paolo. Ma si percepisce anche che è così improbabile che una ragazza come lei, maestra elementare del paese, non abbia nessuno con cui condividere la vita o semplicemente la cena e sia lì, sola, senza neanche un povero cristo che le vada dietro. E poi la star della nostra tv
Lunetta Savino nei panni della paesana/barista/costumista/attrice, modesta ma ispirata, che non perde occasione, con lo sguardo e le espressioni, per indicare a noi in sala dove e cosa guardare sullo schermo.
In definitiva un altra occasione sprecata per sperimentare e proporre nuovi autori e argomenti. Tante buone intenzioni che rimangono tali, bloccate probabilmente dalla scarsa esperienza o semplicemente da un modo di fare cinema che, per prima cosa, non tiene in considerazione lo spettatore pagante e in generale rimane ancorato a una concezione di televisione (cinema?) superata e si spera moribonda.
03/06/2015, 16:30
La Redazione