I CORMORANI - Estetica contemplazione di un’età di passaggio
Giovani passi che calpestano erba e sterpaglie in un bosco. Sono Samuele e Matteo e la loro estate in cui sembra non succedere niente, che trascorre con lentezza, ma che in realtà mostra qualcosa che non è semplice identificare: il cambiamento. Ne "
I Cormorani"
Fabio Bobbio, con la trasparente limpidezza di chi non spiega, ma mostra, indaga la complessità di un’età di passaggio.
A dodici anni si può ancora costruire una capanna con i rami degli alberi e ricoprila di frasche e passare il pomeriggio intero sdraiati sotto quel riparo. Ma è già l’età in cui mentre si parla si tiene sott’occhio il cellulare. È ancora l’età in cui si può far roteare la giostra di paese, ma già il tempo in cui lo si fa con sfrenata ribellione, quando non c’è nessuno, e se si va alla fiera, si gioca sull’autoscontro, si tirano pugni al pungiball.
Samuele e Matteo non fanno lunghi discorsi, forse perché i momenti di transizione sono quelli in cui non si è più, ma non si è ancora, e quindi si cercano conferme, ma si tacciono le domande, semplicemente si aspetta che qualcosa arrivi a spiegare i nuovi equilibri che si stanno creando.
Come uccelli, passano spesso le loro giornate lungo un fiume, a riva, o in acqua, decidono di pescare, hanno il loro nido, la loro capanna di frasche. Il cormorano si fa metafora della loro capacità di adattamento nei confronti del loro ambiente, della loro età.
Non sono più bambini, non sono ancora adolescenti, parlano di ragazze, ridono di una prostituta, ma lo fanno ancora con una ingenua presunzione di indifferenza.
Per passare dall’infanzia all’adolescenza non basta un’estate: "
I Cormorani" mostra il limbo, la stasi, prima di partire verso mete sconosciute ma che all’orizzonte cominciano ad apparire, inquiete e sognanti.
02/12/2016, 12:00
Rita Bennardello