CINEMA, I DATI DEL 2016 - Anno positivo ma c'è Checco Zalone...
Le stagioni del cinema italiano si distinguono, ormai da qualche anno, in due tipi: con
Checco Zalone e senza
Checco Zalone.
Il 2016 in particolare è stato segnato dal record assoluto di incasso fatto registrare dal comico pugliese (oltre
65 milioni di euro), dato che ha inciso in maniera consistente nel bilancio presentato all’Anica dalle associazioni di categoria.
Dati positivi secondo le rilevazioni di
Cinetel, che monitora il 93% delle sale italiane, con un incremento del
6,06% degli spettatori (oltre
105 milioni), e degli incassi che registrano un
+3,86% toccando la somma di
661 milioni. Aumenta anche la quota del cinema italiano, sempre ovviamente grazie al buon Checco Zalone, che sale al 28,71% rispetto al 21,35 del 2015. E cresce anche il numero di film distribuiti che nel 2016 sono stati 554 a fronte dei 480 dell’anno precedente.
Quella che non cresce, ma nessuno ne parla (tranne un accenno coraggioso del Direttore generale Cinema del Mibact
Nicola Borrelli) è la qualità del cinema italiano. Ai problemi del cinema si gira intorno, incolpando una volta uno una volta l’altro elemento della filiera (spesso quello assente…) finendo per rimandare a data da destinarsi un’analisi profonda e oggettiva sulle scarsa quantità di film belli e validi prodotti nel nostro paese.
Nel 2016 sono stati assenti
Sorrentino, Garrone, Moretti e Salvatores;
Tornatore non ha centrato del tutto l’obiettivo e nel complesso i film di un certo rilievo, quelli con cui fai bella figura sui giornali, ai festival, nel passaparola e nei mercati esteri si contano sulle dita di una mano. Un numero decisamente basso in rapporto alla popolazione e ancora più basso in un paese come il nostro che ha il record di premi Oscar vinti per film non in lingua.
Parliamo di "
Quo Vado?", che criticabile quanto si vuole, è un ottimo film comico, sceneggiato con cura, ben interpretato e ha dalla sua i numeri prima elencati; parliamo di "
Perfetti Sconosciuti", commedia raffinata e ben scritta con una tematica attuale e originale; parliamo di "
Veloce come il Vento", capace di portare una ventata di qualità in un genere sconosciuto o quasi nel nostro paese; parliamo di "
La Pazza Gioia" che ha ben figurato a Cannes e al botteghino malgrado l’uscita a maggio; parliamo ovviamente di "
Lo chiamavano Jeeg Robot", citato da tutti i presenti come esempio di cinema di qualità, che però è stato messo in piedi dallo stesso regista
Gabriele Mainetti, con fondi propri, dopo anni spesi alla ricerca di un produttore.
E qui ci fermiamo.
Cinque. A parte l’exploit di "
Fuocoammare" con l’Orso berlinese e i 700 mila euro circa incassati, il resto della lista degli incassi italiani 2016 vede soltanto commedie, le stesse commedie di sempre che, neanche troppo lentamente, perdono qualità, originalità, spettatori e incassi.
Dunque a chi spetta il compito di imprimere una svolta a questo trend che soffoca il nostro cinema? Senza dubbio ai produttori. Sono loro infatti che devono saper leggere le sceneggiature, scegliere le migliori e investire su giovani scrittori e sullo sviluppo, avendo la capacità di trovare i finanziamenti adeguati per la riuscita del film, aiutata anche da un’uscita in sala che dovrà prima o poi essere svincolata dal periodo natalizio, uscita che, come tutti si augurano senza fare troppo in proposito, sia spalmata sui 12 mesi dell’anno (come fanno gli americani per i loro film).
Ci penserà la nuova legge sul cinema, di cui sono in stesura i decreti attuativi, a risolvere questi problemi? Sapranno commissioni e responsabili giudicare un progetto non solo dal piano finanziario ma anche dalla qualità della sceneggiatura? O una maggiore disponibilità di finanziamenti pubblici servirà soltanto a far dormire sugli allori quei produttori capaci solo di puntare sul sicuro (che nel cinema si traduce in già visto e sentito) alimentando il circolo vizioso che porterà la qualità a scendere ulteriormente e il pubblico sempre più lontano dalle sale e soprattutto dai nostri film?
Ce lo chiediamo noi e se lo chiedono quegli spettatori, sempre di meno, che quando si trovano davanti al giornale o in una multisala preferiscono scegliere un film americano perché ormai troppe volte sono rimasti fregati dalle produzioni di casa nostra.
17/01/2017, 15:50
Stefano Amadio