Note di regia di "M. Il Figlio del Secolo"
Ben prima di accettare di dirigere "
M - Il Figlio del Secolo", prima ancora di sentirne parlare, c’è stato un momento in cui ero stato molto affascinato da quel periodo storico, sentivo come una connessione. Mio padre è nato nel 1906, quindi ha vissuto in prima persona quel periodo, e credo che la mia fascinazione per il periodo tra le due guerre e poi per la Seconda guerra mondiale derivi dalla mia voglia di capire meglio mio padre, di capire il mondo in cui lui ha vissuto.
Lorenzo Mieli, produttore di M, mi ha suggerito di leggere la sceneggiatura di Stefano Bises e Davide Serino. Incuriosito, ho poi letto il libro di Antonio Scurati e ho iniziato a volerne leggere di più. Ma sorprendentemente, c'è molto poco su Mussolini, per i “profani”, in inglese. Per gli inglesi è un personaggio periferico, è visto per lo più in chiave caricaturale, come una buffonesca spalla di Hitler. Invece fu l’inventore del populismo moderno, nonché modello per Hitler.
Ho avuto il privilegio di apportare un punto di vista esterno a questa storia, potendo guardare alla figura di Mussolini molto chiaramente, con un occhio non condizionato. Ho sempre pensato che il miglior documentatore della vita britannica fosse Bill Brandt, il fotografo tedesco, quindi ho tenuto presente lui quando ho avuto dubbi sul mio diritto di raccontare questa storia. Ma non spetta a me dare lezioni agli italiani sulla loro storia, non ho nulla da insegnare agli italiani. Tutto ciò che posso fare è metterli davanti a uno specchio.
Sono molto orgoglioso della serie. Il formato seriale mi ha dato il tempo di scavare davvero nei personaggi, soprattutto lavorando con Luca Marinelli, che trovo sia un genio. Avere il tempo e lo spazio per scavare davvero dentro il personaggio Mussolini con lui è stato un grande privilegio.
All'inizio, la sceneggiatura presentava molti parallelismi tra la nostra storia e la politica contemporanea, ma a un certo punto abbiamo avuto la sensazione che stessimo adottando un atteggiamento quasi paternalistico nei confronti dell'intelligenza del pubblico. Meglio fare solo il nostro lavoro e presentare i fatti, raccontare la storia nel modo più accessibile e appassionante possibile e lasciare che il pubblico ne facesse ciò che voleva.
Non credo che la serie necessariamente convincerà mai un fascista ad abbandonare il fascismo. Ma allo stesso tempo non volevo predicare ai convertiti, non volevo sfondare una porta già aperta. Quello che mi interessa di più è parlare alle persone che si trovano nel mezzo, agli indecisi o a coloro che non ci hanno pensato granché, e presentargli la storia, sperando di incoraggiarli a pensarci di più e a non lasciarsi sedurre dalla politica della paura.
Joe Wright