Note di regia de "La Buca"
La Buca è la storia di una involontaria amicizia tra Oscar, avvocato fallito e senza scrupoli, e Armando, ex detenuto che ha scontato venticinque anni di carcere per un reato mai commesso, mantenendo, nonostante la profonda ingiustizia subita, una bontà d'animo impeccabile. A farli incontrare per caso è la Vita, rappresentata simbolicamente da un cane randagio, il quale fa in modo che i destini dei due protagonisti si incrocino. Il cane è emblema dell'amicizia autentica, fedele, senza riserve: proprio quella che voglio raccontare. Tra Oscar e Armando nasce un sentimento profondo, che riesce a creare un sodalizio quasi ‘amoroso’ al di là delle abissali diversità caratteriali. Desideravo da tempo esplorare un nuovo genere e la commedia mi ha sempre attratto. L’idea era di raccontare l’amicizia tra due uomini e, allo stesso tempo, di allontanarmi dal mio mondo siciliano, dal dialetto, dal “cinismo” dei miei personaggi, anche con la voglia – perché no? - di conquistare un pubblico diverso.
Tutto questo, man mano, ha preso forma: due uomini molto diversi tra loro ma con una motivazione che malgrado tutto li unisce, un tribunale, un evento sconvolgente, situazioni familiari tragicomiche. Sono questi gli ingredienti che mi piaceva ci fossero nel film. Pensavo alla grande commedia degli anni Sessanta. Quelle commedie con un plot articolato, grandi protagonisti, divertenti sotto trame a fare da tormentone, temi semplici come l'amore o l’amicizia, regie attente e curate. Niente battute ma storie, anche commoventi, grottesche, sentimentali… Ho amato il cinema di Vittorio De Sica, di Dino Risi e Mario Monicelli, tanto quanto la commedia americana di Lubitsch, di Capra, di Billy Wilder e Blake Edwards. Volevo realizzare un’opera che ricordasse quelle storie, rendere omaggio a quel genere che ci ha fatto sorridere e sognare. Volevo però farlo con leggerezza e ironia per non cadere nella nostalgia, allontanandomi completamente dalla commedia italiana di oggi.
Non volevo far ridere, volevo far sorridere. Quando scrivo, “disegno” mentalmente i miei personaggi con assoluta precisione e corrispondenza alla realtà. Poi, quando incontro gli attori, cerco di stabilire con loro un rapporto personale affrontando colloqui sul cinema, sui gusti personali, sulla vita insomma. E capisco se sono quelli che avevo “disegnato” in fase di scrittura. Il mio desiderio più grande era creare una coppia d'attori alla Jack Lemmon/Walter Matthau, Vittorio Gassman/Marcello Mastroianni, facendo però ricorso a nuove tecniche, a un nuovo linguaggio cinematografico e soprattutto senza abbandonare il mio particolare stile sia registico che fotografico. Con Sergio e Rocco ci siamo intesi subito! Per il ruolo di Carmen avevo un immaginario molto materno, sereno, comprensivo e affettuoso. Quando ho incontrato a Parigi Valeria, non ho avuto dubbi! Era certamente lei, con la sua dolcezza e la sua disponibilità, il punto di equilibrio tra Oscar e Armando.
Ho voluto ambientare la storia in una metropoli immaginaria, sperando di dare un senso di astrazione. Volevo divertire il pubblico con una storia che non avesse tempo né luogo. In questo sono stato aiutato dalla musica di Donaggio e Gabaglio e dagli interventi pianistici di Bollani. L’ambientazione è immaginaria ma vera; ma la storia è realistica… La Buca è un film molto diverso dalle mie precedenti esperienze di regia, ma nello stesso tempo c’è un senso di continuità. In fondo, Armando, che ha subito l’ingiustizia di anni di galera, potrebbe essere “il figlio” del mio precedente lavoro….
Daniele Ciprì