Note di regia di "Lampedusa dall'orizzonte in poi"
Lampedusa è un progetto che ci ha appassionato tutti per la sua intrinseca valenza sociale e umana. Proprio per questo nella scrittura, durante la preparazioneriprese fino alla postproduzione con montaggio, colore, musica ed effetti visivi, abbiamo sentito una maggiore responsabilità. Infatti i suoi riferimenti continui al reale e gli avvenimenti che giornalmente venivano riportati nelle news di un fenomeno migratorio di grande portata e purtroppo spesso drammatico, ci ricordavano l’importanza di quello che stavamo per raccontare. A mio parere, quando ci si accinge a mettere in scena episodi reali, è fondamentale avere rispetto. Quindi abbiamo fatto ricerche, visto immagini, visitato luoghi, conosciuto i protagonisti veri di storie simili, studiato e copiato procedure, sia di salvataggio durante gli sbarchi, che di accoglienza nei Centri di Prima Accoglienza. Abbiamo provato a essere accurati sia nella ricostruzione scenografica e nei costumi che in tutti gli altri ambiti possibili. La storia che narriamo è ispirata a fatti realmente accaduti, ma non ricalca nessun episodio in particolare. La genesi di questa fiction è lunga. Claudio (Amendola) vedendo un programma televisivo rimase veramente toccato da un racconto di un ufficiale della Guardia Costiera: in una notte di tempesta del 2008 cinque pescherecci, con a bordo anche il personale della G.C., riescono a trarre in salvo più di seicento persone da due barconi appena galleggianti, in condizioni di mare praticamente impossibili. Solo la collaborazione tra pescatori e militari aveva consentito questo straordinario salvataggio. La Rai accolse molto positivamente l’idea di farne una fiction. La Fabula Pictures l’ha prodotta, Purgatori e Ippoliti l’hanno scritta e io ne ho curato la regia. Durante il percorso, però, ci siamo resi conto che la realtà stava cambiando rapidamente, il centro d’accoglienza aveva cambiato status e quel singolo episodio non ci permetteva di raccontare la complessità e l’evoluzione della situazione. Inoltre non tutto era facilmente riproducibile. Quindi abbiamo deciso di partire solo come ispirazione da quell’evento, da quel momento di forte solidarietà per raccontarne anche altri. La decisione di lasciare la storia nel passato (2010) scaturisce dalla volontà di aderire alla realtà; infatti oggi alcuni dei fatti narrati non si sarebbero potuti svolgere esattamente come li abbiamo mostrati. Ma non è questo l’unico motivo perché volevamo anche tentare di raccontare la storia con una distanza retrospettiva.
Cast, location e stile dovevano allinearsi con questa esigenza di verità. La tensione emotiva che ci aveva spinto ad amare il progetto ha coinvolto anche gli attori, tutti erano entusiasti di partecipare. Mi piaceva l’idea che l’equipaggio capitanato da Claudio (Maresciallo Serra) fosse eterogeneo e rappresentasse un poco l’Italia degli equipaggi veri incontrati durante i sopralluoghi. Le riprese in mare aperto e quelle del finale, sempre in mare durante un recupero notturno sotto il diluvio, hanno messo a dura prova la resistenza di tutto il cast. Marta (Gastini), per esempio, soffriva tantissimo il mare, e devo dire che quasi nessuno ne era esente perché otto ore di navigazione con quel tipo di barca mettono a dura prova tutti. L’unica che si è salvata dal mare è Carolina (Crescentini) che, però, ha dovuto affrontare un centro di accoglienza in rivolta e poi in fiamme. Anche lei è stata trascinata dalla storia. Siamo andati insieme a visitare il Centro di Accoglienza di Lampedusa. Dopo quella prima visita lei è tornata varie volte a vedere e imparare come rapportarsi con i migranti, a sentire le loro storie ed entrare in un mondo conosciuto solo attraverso i telegiornali. Carolina è riuscita ad interiorizzarlo ed è stata capace di riproporlo con grande personalità sullo schermo. Anche con Ninni (Bruschetta) siamo riusciti a dare, ad un personaggio che poteva essere stereotipato, delle sfaccettature attraverso l’ironia. La grande scoperta per me è stato Venji, un bambino trovato tra le scuole di periferia di Roma. Abbiamo visto circa trecento bambini, mettendo annunci vari in giro. Venji è molto timido, ma ha una grande personalità. E’ riuscito a capire e interpretare con grande forza e umanità ogni singola scena, formando un bel terzetto con Claudio e Carolina con cui è andato molto d’accordo. L’unico vero problema per lui era abbracciare e baciare le donne del film, da Carolina all’attrice che interpretava la mamma. Infatti il suo primo piano nella sequenza finale, l’ho dovuto fare con la sua mamma vera di spalle, altrimenti non sarei riuscito a farlo emozionare, abbracciare e baciare la mamma finalmente ritrovata. Ultimi, ma non meno forti e intensi nella storia, il capitano del peschereccio interpretato in maniera asciutta e vera da Fabrizio (Ferracane), Paola (Cruciani) con la sua ironia e sensibilità, i bravi Rosario Lisma, Peppino Mazzotta, Hamed Afiene, e tutto il resto del cast tra cui anche i due francesi del gruppo: Nina Gary, la mamma di Dacki e lo scafista Farid Elouardi, tutti pronti a sacrificarsi e mettersi in gioco per questa bella storia. Lo stile che abbiamo seguito è realistico, ma con dei momenti di sospensione e astrazione. C’è anche una dimensione intima nella fiction in cui la macchina da presa, davanti al dolore o ad un momento di particolare intimità, con pudore fa un passo indietro. Ho girato tante cose con la macchina a mano, anche per essere sempre vicino all’equipaggio in ogni sua azione e ho usato più macchine da presa. Fondamentale è stato l’apporto della macchina subacquea che ci ha dato dei punti di vista inaspettati ed emozionanti. Immersa insieme a loro è stata capace di raccontarci la paura, la disperazione ed anche la gioia di essere salvi dal di dentro, dal loro punto di vista e non da un punto di vista oggettivo. La fiction è stata girata tra Lampedusa e dintorni di Roma. Abbiamo ricostruito il centro di accoglienza in una caserma dei Vigili del Fuoco a pochi chilometri da Roma. Abbiamo girato la maggior parte delle sequenze marine a largo di Civitavecchia, seguiti sempre per la sicurezza da subacquei in acqua e dalla Guardia Costiera che è stata fondamentale in tutta la lavorazione, dando un totale supporto di uomini e mezzi.
La sequenza forse più difficile è quella dell’ultimo recupero notturno sotto un diluvio. Gru per l’acqua, figuranti, stunt e operatori subacquei in acqua fino alle cinque del mattino. Claudio e Nina che, verso le tre del mattino, dovevano rimanere svariati secondi qualche metro sotto il pelo dell’acqua. Tante macchine da presa da coordinare, un peschereccio, un’ imbarcazione della Guardia Costiera e una carretta del mare tutte in navigazione durante la scena. Insomma un grandissimo sforzo produttivo e organizzativo per far sì che la scena riuscisse come l’avevamo pensata. Infatti, oltre che alla produzione e a tutto il cast, un particolare ringraziamento va alla mia troupe che ha dato tutto. Senza di loro, in particolare aiuto regista e direttore della fotografia, questa fiction con sequenze come questa non sarebbe potuta esistere. Non è un classico ringraziamento, è la verità. Spero naturalmente che piaccia e che vinca lo spirito che ci ha commosso tutti. Spero che aiuti nel suo piccolo a fare un passo avanti, a far conoscere il problema più a fondo. Non si può solo parlare di statistiche e di numeri, dietro ci sono delle storie, c’è un’umanità, ci sono problemi veri che devono essere conosciuti, compresi e condivisi. Noi siamo molto cresciuti lavorando a questa fiction e spero che porti qualcosa di positivo a tutti quelli che la vedranno. Una signora che faceva la comparsa durante la lavorazione mi ha abbracciato, ringraziato e con le lacrime agli occhi mi ha detto che la nostra messa in scena e la nostra storia riproduceva fedelmente quello che era successo anche a lei durante il terribile viaggio per raggiungere noi, l’Europa.
Marco Pontecorvo