Note di regia di "Not Available - It’s About Yann Keller"
Lo stile di questo film, tra documentario di creazione e cinema sperimentale, vuole
allinearsi coerentemente ai contenuti artistici e visionari della storia raccontata. Tanto sul
piano visivo che su quello narrativo infatti, la complessità del personaggio e del suo
rapporto con la città in cui vive ha richiesto l'utilizzo di vari approcci generando un codice
formale che spazia dall'antropologia visuale al documentario di ricerca. Come si può
evincere anche a livello sinottico, la narrazione filmica non segue un andamento lineare,
ma procede per balzi, rimandi e illuminazioni che lasciano libero lo spettatore di costruire i
propri percorsi associativi. In questo film, l'attenzione alla dimensione metropolitana sia
sul piano urbanistico che antropico assume quasi la forma di una Symphonie einer
Großstadt , che emerge per contrappunto, come antitesi e completamento dell'universo 1
artistico di Yann, protagonista del film. I luoghi simbolo di Berlino sono resi irriconoscibili
da tagli e inquadrature che stabiliscono tra le immagini sottili raccordi formali e
moltiplicano i piani di lettura. Ecco allora che le corde del contrabbasso di Yann vengono
associate a linee ferroviarie abbandonate, il roteare ipnotico del suo sferoide sonoro
raccordato alle scale mobili dei centri commerciali, il suo caotico atelier diventa per
analogia la metafora di tutti i mondi periferici. In questo senso, quindi la figura di Yann,
incarna il genius loci di una città come Berlino, crocevia di linguaggi metropolitani ma
anche territorio urbano dalle profonde lacerazioni che neppure l'incalzante gentrification
riesce del tutto a rimarginare.
Trattandosi di un artista-musicista, l'elemento musicale/sonoro ha in questo film un ruolo
centrale in grado di amalgamare tra loro ambienti spazio-temporali che intrecciano
costantemente le azioni del personaggio principale. Musiche e rumori diegetici si fondono
rendendo spesso indistinguibile ciò che è suonato da ciò che è incidentalmente
registrato. Un linguaggio volutamente ibrido per tentare una possibile raffigurazione del
lato più inesprimibile dei processi creativi.
La parola, quasi del tutto assente nell’intero film lascia spazio ad un ritmo visivo che ne
colma il vuoto e coerentemente con l’atmosfera da sinfonia della città raffigura la
metropoli come un paesaggio alienante ed astratto.
Il dispositivo filmico messo in atto per entrare nel mondo di Yann si esplica attraverso le
apparizioni cadenzate di una figura inquadrata sempre di spalle, assorta nella visione di
Yann con cui lo spettatore si può identificare immergendosi nella tensione di quel
privilegiato avamposto. Quest'ombra misteriosa segue i movimenti e le azioni di Yann, le
spia senza mai superare una distanza che è come una soglia o un campo di energie
psichiche. O forse è metafora del doppio, di ciò che si rifrange e non può mai essere
afferrato, compreso. La sua posizione, sempre ai bordi dell’inquadratura, non sembra
avere uno sguardo giudicante, ma al contrario di testimonianza empatica verso quel
mondo marginale di esclusi, di folli idealisti.
Yann e quell’ombra sono forse una cosa sola e comincia a farci male il pensiero che quel
mondo possa scomparire con la complicità della nostra indifferenza.