Note di regia di "Narciso e Eco. Storia di una Metamorfosi"
Il mio racconto si struttura attraverso l’alternarsi di performance concettuali, in cui il corpo e la voce sono protagonisti. A questi elementi si affiancano opere pittoriche capaci di liberare un vortice che fonde insieme emozione e razionalità. Questo mondo interiore confluisce nell’osservazione della Natura, che, attraverso i suoi elementi, si fa specchio silente di questo universo, in attesa di un nuovo tramonto per riassorbire il magma incandescente e farlo rinascere in una nuova alba. Questo mito è per me una storia semplice, raccontata attraverso le pieghe della pelle, attraverso le pose assunte da due corpi danzanti che ossessivamente tracciano e cancellano il perimetro di stanze interiori, che talvolta un respiro profondo riesce ad aprire, arieggiare, come il fischio di un vento giovane che disegna il proprio spazio tra le fronde degli alberi. Come un suono intermittente che graffia la faccia e si asciuga dentro occhi lividi vaganti in cerca di bagliore riflesso in cui riconoscersi. È una storia eterna conservata dentro la linea illusoria che disegna l’orizzonte sulla fronte del mare che è un manto riflettente, un sogno che talvolta il cielo si concede.
È la storia di un cielo di lacrime, che creano forme umide e luminose che cercano il proprio senso scivolando lungo il contorno delle costellazioni emotive di un volto nascosto, che una carezza clandestina cerca di svelare. Questa storia parla di due angeli neri che precipitano in un solco oltre al mondo, un cubo di ghiaccio che assomigliava a un diamante, ma era solo il bagliore di un fiore.
Giallo, nel mezzo, e tutt’intorno petali bianchi.
Caterina Crescini