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RAPITO - Bellocchio in Competizione con l'Italia dell'800


Presentato a Cannes il nuovo film del regista emiliano che racconta una storia ambientata a metà del 19° secolo, tra Bologna e Roma. L'apice e la fine del potere temporale della Chiesa. Un ottimo cast con: Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Enea Sala e Leonardo Maltese e con Filippo Timi, Fabrizio Gifuni e Paolo Calabresi. In sala con 01 Distribution dal 25 maggio


RAPITO - Bellocchio in Competizione con l'Italia dell'800
Paolo Pierobon (Pio IX) ed Enea Sala (Edgardo)
È il momento di Marco Bellocchio a Cannes. Dopo il grande successo di "Esterno Notte", il regista torna a parlare di storia italiana, raccontando un fatto che ebbe inizio nel 1858 a Bologna e che sconvolse la vita di un bambino di sei anni, Edgardo Mortara, e della sua famiglia.

Il "Rapito" è proprio il piccolo Edgardo, ebreo sequestrato per ordine di Papa Pio IX, che di fronte alle abitudini, alle ragioni e alle conseguenze del gesto, concentra su di se l'attenzione del film. È la sua altalenante risposta agli eventi che lo travolgono a trainare il film e il suo rapporto con i rapitori, quasi da sindrome di Stoccolma, che lo costringono alla fede cattolica chiudendolo in seminario. Anche il controverso rapporto con i genitori, che fanno di tutto per riaverlo, sembra essere su un'altalena: vicino, lontano, alto, basso... Ed è questo il fuoco del film, che però sembra passare in secondo piano, dietro al racconto storico che rende tutto il racconto perlomeno intuibile.

Dalla spietatezza della Chiesa e del suo potere temporale, fino al racconto delle sue vittime, in questo caso gli ebrei, trattati secondo quegli odiosi e strumentali canoni religiosi di supremazia cristiana. Ed è la religione, tutta, per fortuna ad uscire più malmessa dal film, quella religione che costringe gli uomini a vivere assoggettati a Dio, qualunque esso sia, e alle "sue" leggi dettate dagli uomini.

Ma "Rapito" rimane sospeso, con nessun elemento che prende il sopravvento per trainare il racconto. La Storia, il film arriva fino alla morte di Pio IX includendo l'Unità d'Italia, è appunto Storia, ben raccontata ma senza spunti o riletture, legata, anche nella conquista di Roma, alla vita del piccolo Edgardo e alle sue reazioni che sembrano solo causate dagli stimoli esterni, rimanendo così mai del tutto al centro della vicenda.

Il film di Bellocchio, scritto con Susanna Nicchiarelli, è ben fatto e ricco in ogni aspetto produttivo, ma sembra come superato sia nella scelta di cosa voler andare a raccontare e sia nel punto di vista da cui si racconta che stupisce né avvince malgrado l'originalità e la drammaticità dell'episodio a cui è ispirato.

24/05/2023, 09:25

Stefano Amadio