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VENEZIA 79 - "Un nemico Invisibile"Sinossi *: La vita dei Rasman, una famiglia di esuli istriani trapiantati nella periferia di Trieste, è sconvolta dall'ingiusto omicidio di Riccardo, un ragazzo con disabilità mentali, da parte della Polizia, che nel tentativo di arrestarlo lo comprime fino a provocargli un'asfissia. Per i genitori novantenni e la sorella Giuliana la blanda condanna inflitta ai poliziotti è insufficiente, ma nessuno sembra disposto a prestare loro ascolto. Nel tentativo di elaborare un avvenimento così incomprensibile si fanno strada teorie ed interpretazioni alternative che diano conto di tutte le ingiustizie subite. Dietro la morte di Riccardo potrebbe esserci lo stesso nemico che da anni ordisce piani per appropriarsi del loro terreno. La verità sfugge ad ogni tentativo di approfondimento, l’unico dato certo rimane una mancanza così lacerante da far desiderare la fine del mondo.
Note:
RICCARDO RASMAN
Il 27 Ottobre 2006, Riccardo Rasman, secondo e ultimo figlio di una famiglia di contadini istriani esuli in Italia dagli anni sessanta, viene brutalmente ucciso nella sua abitazione durante un intervento della Polizia. Riccardo aveva 34 anni e soffriva di schizofrenia paranoide. Quella sera era solo in casa, nudo, e stava tirando dei petardi dall'ottavo piano. La Polizia, chiamata dai vicini di casa, era stata avvertita dal centralino del fatto che il soggetto soffriva di patologie psichiche; ciononostante agì con la forza bruta, sfondando la porta che Riccardo non voleva aprire. Dai referti risulta che lo pestarono duramente, legandogli mani e piedi con del fil di ferro ed infine sedendosi sul suo corpo incaprettato, fino ad asfissiarlo. Riccardo, all'arrivo della polizia, si era barricato in casa perché terrorizzato dalle forze dell'ordine. Questa fobia gli proveniva dal nonnismo subito durante le leva militare, scaturigine, per altro, dei suoi problemi psichiatrici. Non sussisteva alcuna ragione per sfondare violentemente la porta, sarebbe bastato richiedere l'intervento di un infermiere o assistente sociale. Si sarebbe potuto risolvere tutto serenamente. Sul tavolo della cucina Riccardo aveva lasciato un bigliettino con su scritto: “Per favore, per piacere, per carità, non fatemi del male. Non ho fatto nulla di male.”
La sorella Giuliana, insieme ai genitori, non ha mai smesso di cercare verità e giustizia per Riccardo, ma le continue delusioni, il mancato riconoscimento di una pena adeguata ai poliziotti coinvolti e di un risarcimento alla vittima, l’ha spinta sempre più lontano, alla ricerca di un mandante per un caso altrimenti inspiegabile.
“Era martoriato di botte sul viso, gli avevano rotto lo zigomo. Aveva un segno di imbavagliamento, sangue dalle orecchie, dal naso, dalla bocca. [...] I capelli erano tutti pieni di sangue. C’era sangue sul tavolo, sui muri, sulle lenzuola, dietro il letto per terra, c’erano chiazze sul tappeto sotto il quale abbiamo trovato persino dei pezzi di carne nascosti”. - Giuliana, sorella di Riccardo Rasman.
“La morte di Rasman era pacificamente evitabile...”. - Tribunale di Trieste.
“La famiglia è stremata dopo dieci anni di lotte contro lo Stato” - Avv. Claudio DeFilippi.