Sinossi *: Buio in sala. La vecchia espressione, da felice metafora, adesso ha un amaro sapore di realtà. I cinema di una volta non ci sono più, le monosale appartengono al ricordo di spettatori con i capelli bianchi. Una rapida morte che dagli anni Ottanta ha cancellato repentinamente luoghi simbolo di ogni centro abitato, grande e piccolo, frantumando un tessuto sociale che si era formato nel corso del tempo. Ogni città ha la sua via Gluck celentanesca: dove c’era il verde – e la sala cinematografica era un luogo di divertimento, cultura, condivisione, speranza – ora c’è una città, ovvero l’ingordigia immobiliare che ha cambiato la destinazione d’uso e soppresso una memoria collettiva. Sono arrivati i multiplex, ora è diverso il modo di andare al cinema.
Ma cosa resta oggi dei tanti cinema Paradiso in Sardegna? Poco, pochissimo. Negli ultimi vent’anni è cambiata drasticamente l’architettura della città, e la sua geografia di punti di riferimento. Cagliari, per esempio, non ha più nessuna delle storiche sale, una frase come “Ci vediamo davanti al cinema Olympia sotto i portici di via Roma”, non si può più pronunciare. Ariston, Fiamma, Nuovo Odeon, Quattro Fontane, Nuovocine, Capitol, Corallo, Due Palme, Adriano sono stati spazzati via, nessuna sala cittadina si è salvata.
Così Nuoro, Olbia, Quartu, Iglesias, Lanusei. Solo Sassari, in controtendenza, ha conservato il Moderno nel cuore della città, trasformandolo in un multiplex. Resiste qualche cinema storico a Carbonia, Oristano, Alghero, ristrutturati e sempre nel luogo dove erano nati; gli altri medi e piccoli centri della Sardegna hanno
da tempo perso la sala trasformata in edificio moderno; oppure resiste qualche struttura fatiscente, con una serranda arrugginita abbassata che nasconde un ventre ormai svuotato, senza poltrone né schermo. Ma accanto alla parabola dei cinema scomparsi, c’è quella dei vecchi proiezionisti (un mestiere artigianale e industriale, ora estinto), dei gestori, delle cassiere: dentro le sale sarde ci sono storie che non sono mai state raccontate, specchio di un’Isola che cambiava perché il cinema – inteso come luogo di ritrovo, di scambio, di crescita culturale – era connesso con la realtà sociale.
Note:
Nel documentario sono presenti le seguenti sale cinematografiche della Sardegna: Due Palme e Alfieri di Cagliari, Ariston e Quattro Colonne di Sassari, Olimpia di Iglesias, Moderno di Sant'Anna Arresi, Verdi di Domusnovas, Nuovocine e Garibaldi di Villacidro, Pusceddu di Guspini, Tre Campane di Lunamatrona, Costantino di Macomer, Iris di Assemini, Vittoria di Uta, Astor di Villasor, Italia di Dorgali, Splendor di Arzachena, Astra di Olbia, Smeraldo di Jerzu.
Il documentario è realizzzato in parternariato con: Ficc, Anec, Cinema Greenwich, Cinema Odissea, Sardinia Film Festival, Associazione Europa Cultura.
Il brano sui titoli di coda "Signora Illusione" (Cherubini-Fragna, 1939) è cantato da Lia Origoni.