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Torino Film Festival 2007: report 23 Novembre 2007


Torino Film Festival 2007: report 23 Novembre 2007
Michael Moore in "Manufacturing Dissent" di Cain e Melnyk
Serata dapertura in sordina, low profile, come ha scritto qualcuno e come ha sottolineato lo stesso Nanni Moretti presente in sala al Cinema Ambrosio a fare da padrone di casa insieme ad alcuni membri della giuria per linaugurazione del Torino Film Festival, 25. Edizione. Il tempo dei saluti doverosi agli sponsor (che il regista di "Bianca" si era premurosamente annotato in un block notes azzurrino, "giusto per non dimenticare nessuno"), un altro alle autorit cittadine e poi, via, si comincia con "The Savages" di Tamara Jenkins. La regista, presente in sala, la destinataria inconsapevole della prima domanda della serata, perfettamente morettiana: "Da quando hai girato il tuo primo film, Laltra faccia di Beverly Hills sono passati nove anni, che cosa hai fatto nel frattempo?". Dopo le prime esitazioni, e la postilla di Moretti ("non mi riferisco alle vicende private eh?"), la regista di Philadelphia racconta come nato il progetto del film a cui ha lavorato per ben quattro anni, ma non rinuncia al gioco semiserio con il Direttore ("ah, a proposito, in questi nove anni, ho avuto un figlio, ho badato al mio cane, ho traslocato casa ecc."). "The Savages", film duro, amaro, lascia tuttavia unimpronta di fiducia e un senso di coraggiosa onest nella mente dello spettatore che assiste alle vicende di Wendy, (Laura Linney), e Jon (Philip Seymour Hoffman), due fratelli costretti a decidere cosa fare del padre che non vedono da anni e che si disinteressato di loro (al pari della madre), appena scoprono che soffre di demenza senile e non ha molto pi tempo da vivere. Con stile asciutto, annotazioni psicologiche ben calibrate, e soprattutto una grande capacit di creare atmosfera e calore attorno ai propri personaggi, la Jenkins firma un ottimo film drammatico,"senza retorica> e soluzioni facili. Soltanto qua e l si avverte la presenza di una scrittura forse troppo solida, di derivazione teatrale (argomento di cui si parla molto nel film, forse non caso). Ma sono sottigliezze che si dimenticano presto. Gli applausi fragorosi del pubblico al termine della proiezione sanciscono un successo meritato.
Alle 17.00, in una delle tre sale del Cinema Massimo, abbiamo assistito a "Manufacturing Dissent" ("Fabbricare il Dissenso") dei registi canadesi Rick Cain e Debbie Melnyk. E un documentario, diciamolo subito per gli estimatori pi fedeli, che demolisce in maniera abbastanza convicente la figura ormai leggendaria di Michael Moore, il regista di "Bowling a Columbine" e di "Fahrenheit 9/11". Partiti con lintenzione di girare un documentario elogiativo e biografico sul regista del Michigan, i due autori si accorgono ben presto che qualcosa non quadra. Non solo Moore inavvicinabile (in due anni di preparazione del film, Cain e la Melnyk non riescono nemmeno a ottenere unintervista), ma sbucano da ogni dove voci di dissenso, siti internet contro il panciuto regista anti-Bush, documentaristi di fede repubblicana che traggono nuova linfa creativa dalle provocazioni di Moore, testimoni e amici che gettano pi di unombra sul suo metodo di lavorazione. Fin da tempi di "Roger&Me", il documentario del 1989 con il quale Moore voleva dimostrare di non essere riuscito ad avvicinare il vecchio pescecane capitalista della General Motors, il Roger (Smith) del titolo per lappunto. Tutto falso. Tutto architettato per sostenere la propria tesi. Emanuela Martini, tra le organizzatrici del Festival e braccio destro di Moretti, si poi intrattenuta con il pubblico insieme ai due registi canadesi per discutere delle tesi pi controverse emerse dal loro documentario.

24/11/2007

Riccardo Lascialfari