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LOCARNO 66 - Intervista ad Andrea Segre


Il regista italiano al festival svizzero con "Indebito", documentario realizzato insieme a Vinicio Capossela


LOCARNO 66 - Intervista ad Andrea Segre
Vinicio Capossela e Andrea Segre
Il documentario “Indebito” di Andrea Segre, scritto insieme a Vinicio Capossela, in anteprima mondiale aprirà le proiezioni del Festival del film di Locarno oggi 7 agosto alle 15.45 al FEVI. La Grecia confrontata con la più grande crisi economica di tutti i tempi, viene raccontata attraverso un viaggio nelle taverne di Atene e Salonicco dove si suona il rebetiko, una musica tipica suonata dal vivo che parla di ribellione, di anarchia di hascisc e di oppio.

Le parole delle canzoni, ancora attualissime, invitano alla riflessione sui valori culturali della tradizione greca e alla ricerca di nuovi valori, legati più ai valori morali che all’apparenza.
“Indebito” è allo stesso tempo “non autorizzato, che non rispetta le regole”, “essere in debito (pubblico)” e il debito culturale con il passato.

Come è nato il film?
Andrea Segre:
Da un’idea di Vinicio Capossela, che si era accorto che il rebetiko rappresentava la chiave per comprendere la crisi greca e di tutta la civiltà europea. Abbiamo seguito alcuni gruppi musicali nelle taverne più importanti di Atene e Salonicco.

Cosa può insegnare all’Italia il modello greco?
Andrea Segre:
Guardando il film spero che si capisca che si deve riflettere sulle radici della nostra identità che hanno a che fare con la grande dignità dell’Europa del Sud e che avevamo pensato di cancellare con il benessere. Per uscire dalla crisi economica dobbiamo prima capire cosa avevamo perso. La crisi è anche una crisi di identità, fino a ieri si era quello che ci si poteva comperare, oggi si deve ricercare la propria identità nelle radici culturali. Le difficoltà sono un’opportunità per capire chi siamo oltre al potere d’acquisto.

Quanto tempo siete rimasti in Grecia?
Andrea Segre:
Io per quattro settimane, una di preparazione e tre per girare. Vinicio era già stato prima di proporre il progetto e aveva lavorato con i musicisti presenti nel film. Da questa esperienza è nato anche il suo libro “Tefteri” pubblicato da Il Saggiatore.

C’è qualcosa che l’ha particolarmente colpita durante le riprese?
Andrea Segre:
Il rapporto fortissimo tra una musica di quasi cent’anni fa e le generazioni più giovani. Ragazzi di vent’anni conoscono a memoria le parole delle canzoni e vi trovano significati per la vita di oggi. Non è un’operazione nostalgica per conservare l’identità e la memoria, sono canzoni legate alla ribellione, ai contrasti con il potere e all’anarchia che fanno rivivere un’identità rapita.

La sua opera cinematografica è caratterizzata da una forte attenzione per i migranti e gli stranieri. Da dove viene questo suo interesse?
Andrea Segre:
Dalla convinzione umana che conoscere gli altri sia il modo migliore per conoscere sé stessi. In Italia la trasformazione degli ultimi vent’anni ha riguardato anche la mia vita e i luoghi dove vivo. C’è anche la voglia di conoscere chi arriva per contrastare la xenofobia e il pregiudizio.

07/08/2013, 09:00

Ambretta Sampietro