Sinossi *: La “farfalla impazzita”: così i familiari e gli amici più intimi chiamavano Giulia Spizzichino, ebrea romana, segnata dalle deportazioni e dalla strage delle Fosse Ardeatine, in cui vennero uccisi ben ventisei dei suoi familiari. In tutta la sua vita, che si è conclusa il 13 dicembre del 2016 a 90 anni, Giulia è stata proprio come quella farfalla che sbatte incessantemente le ali, senza riuscire a trovare pace e un luogo dove posarsi. All’epoca della retata al Ghetto di Roma, il 16 ottobre 1943, Giulia che aveva solo diciassette anni, fu testimone degli arresti del nonno, degli zii e dei cugini. A quel tragico giorno, ne seguirono altri terribili, segnati delle persecuzioni e delle fughe con la sua famiglia, fino alla prima metà del ’44. Quando finalmente la guerra finì, fu impossibile per lei dimenticare e vivere una giovinezza spensierata fatta di balli, amiche, primi amori. Fu impossibile anche, più avanti negli anni, amare davvero un uomo fino in fondo, costruire con lui una famiglia.
Mezzo secolo più tardi, i fantasmi di un passato mai dimenticato, torneranno a chiederle giustizia.
E’ il 1994: Giulia Spizzichino, vede scorrere la foto della mamma, morta da poco, in un filmato in onda nel corso del programma Rai “Combat Film”. La madre, in quelle immagini di repertorio, stava riconoscendo le salme dei suoi parenti uccisi nell’eccidio delle Fosse Ardeatine del marzo ‘44 attraverso i pezzetti di stoffa dei loro vestiti, tanto erano aggrovigliati e irriconoscibili i corpi di tutte le vittime. Giulia pochi giorni dopo si convince con difficoltà a presentarsi nello stesso studio televisivo, riaprendo una voragine del suo passato e ricordare tutto. Piange e dice che non può esserci perdono, ma che deve esserci giustizia. La contatta allora l’avvocato Restelli, rappresentante della Comunità ebraica romana: le autorità italiane stanno chiedendo l’estradizione dall’Argentina di Erich Priebke, il criminale nazista che aveva eseguito l’ordine di fucilazione alle Fosse Ardeatine. Restelli, nonostante l’iniziale reticenza di Giulia, la convince a partire con lui per Bariloche, la cittadina andina dove Priebke si è ricostruito una vita, nell’intento di mobilitare l’opinione pubblica in favore dell’estradizione.
A Bariloche Giulia trova inaspettatamente, una donna con cui percepisce molte affinità e che le dà la forza che non pensava di avere: è Elena, una delle Madri di Plaza de Mayo, l’associazione che riunisce le madri dei desaparesidos. Grazie all’amicizia speciale che si instaura tra loro, Giulia trova il coraggio di reagire e si fa portavoce dell’istanza di giustizia, in un discorso pubblico a Buenos Aires che smuove gli animi: “Perché le vittime sono tutte uguali, come lo sono i carnefici”.
È il maggio 1994: la missione riesce, ma è solo la prima tappa di un’altra lunga storia, quella del processo a Priebke che si svolgerà poi a Roma. Nonostante il dolore sopito per tanti anni, Giulia troverà qui la forza di testimoniare, riaprendo una ferita dolorosissima. E lo farà per una necessità: alimentare la Memoria, perché non si ripeta mai più l’orrore della Shoah, che le aveva portato via in un colpo solo, tre generazioni di uomini e donne della sua famiglia.